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Nei condomini destinati principalmente ad uso abitativo l’alimentazione delle parti comuni è quasi sempre in bassa tensione e la distribuzione elettrica è facilmente schematizzabile.
Eppure, l’approssimazione nel realizzare le opere, la mancanza di manutenzione, la poca attenzione alla produzione di documentazione adeguata a corredo dell’impianto e il suo mancato aggiornamento a seguito di modifiche, nonché la scarsa cura nell’utilizzo da parte degli utenti, produce spesso il proliferare di impianti poco sicuri.

Il testo del presente articolo è tratto dal volume “Sicurezza elettrica nei condomini“, dell’Ing. Piero Costadura, edito da NT24 e disponibile nel nostro bookshop (ACQUISTA!):

Presenza della documentazione d’impianto
Il primo problema che l’amministratore si trova spesso a dover affrontare consiste nell’assenza della documentazione o nella sua incompletezza; questa riguarda principalmente il progetto e la dichiarazione di conformità che, quando si trova, non comprende gli allegati obbligatori, quelli ciò che consentono di realizzare una “fotografia” dell’impianto.
Se è presente la figura del lavoratore, spesso manca la comunicazione di messa in esercizio agli enti competenti, nonché i verbali di verifica periodica da parte dei soggetti previsti dal D.P.R. 462/01 (ente pubblico o soggetti abilitati).
I seguenti paragrafi rappresentano quattro diverse situazioni e illustrano, per ciascuna di esse, la soluzione prevista dalle vigenti disposizioni di legge.

Impianto BT realizzato prima del 1990 con ambiente di lavoro (caso 1)
Si immagini di prendere in esame un condominio con la portineria e con un impianto elettrico realizzato verso la fine degli anni ‘80; un impianto semplice, come ce ne sono molti, con un contatore unico per le parti condominiali ubicato in un locale dedicato.
Nel caso esaminato, la portineria è gestita da personale dipendente del condominio che quindi rende cogente l’applicazione del D.Lgs. 81/08, sia pure rivolta a quanto specificato dall’art. 3.9.

Sicurezza elettrica nei condomini

Figura 1 – Schema che riproduce, evidenziando in rosa il periodo temporale cui si applica il presente esempio, di un impianto BT realizzato prima del 1990 con ambiente di lavoro. Al momento della realizzazione dell’impianto erano in vigore la Legge 186/68 e il DPR 547/55. Essendo un luogo di lavoro attualmente si applicano il DPR 462/01 e il DLgs 81/08, oltre al decreto 37/08. In grigio sono rappresentati i provvedimenti non più in vigore, in verde quelli in corso di validità.

L’amministratore è il datore di lavoro e in quanto tale deve fare la valutazione dei rischi, che include il rischio elettrico, il rischio di fulminazione e il rischio di presenza di sostanze esplosive.
Inoltre deve incaricare un’impresa di effettuare regolari manutenzioni secondo le periodicità derivate dalla valutazione del rischio e che terranno conto di eventuali indicazioni contenute nella norma tecnica applicabile.
La presenza di un “lavoratore” richiama l’obbligo del rispetto delle Norme di prevenzione degli infortuni e esclude la possibilità di tenere in esercizio un impianto elettrico sprovvisto dell’impianto di terra nel caso in cui ricorrano le condizioni previste prima dall’articolo 5.8 del D.P.R. 447/91 e poi dal decreto 37/08.
Da un punto di vista documentale non è obbligatoria la dichiarazione di conformità né la dichiarazione di rispondenza, ma deve essere presente la documentazione necessaria per svolgere regolari manutenzioni, nonché l’apposito registro da compilare a cura della ditta incaricata.
Se l’amministratore non ha a disposizione nessun tipo di documento deve incaricare un professionista o un’impresa installatrice di ricostruire, per quanto possibile, schemi e planimetrie principali, corredati da una relazione descrittiva che illustri i sistemi di protezione adottati per la protezione contro i contatti diretti, indiretti e le sovracorrenti.
Trattandosi di un impianto realizzato prima della fine degli anni 80, nel caso ci fosse stata fin da quel tempo la portineria con il dipendente, dovrebbe esserci la denuncia dell’impianto di terra fatta ai tempi ai sensi del D.P.R. 547/55 utilizzando il previsto modello ministeriale (modello B) e dovrebbero esserci i verbali delle verifiche periodiche succedutesi negli anni.
Se tutto questo non è mai stato fatto l’amministratore è passibile di sanzioni o di guai ancora peggiori in caso di infortunio riconducibile ad una carenza impiantistica.
Per quanto riguarda l’impianto di terra, dovrà provvedere al più presto a inviare la comunicazione di messa in esercizio agli enti pubblici competenti (INAIL o ASL/ARPA); tale comunicazione sarà corredata dalla documentazione di impianto che l’amministratore avrà in precedenza fatto ricostruire a una ditta installatrice o a un professionista.
Un’ultima considerazione: il presente esempio riguarda un impianto che ha una trentina di anni e che potrebbe essere non rispondente ai requisiti minimi di sicurezza previsti dalle norme dell’epoca in cui è stato realizzato.
In questo caso l’amministratore deve commissionare l’adeguamento dell’impianto che sarà documentato da tutta la documentazione prevista dal decreto 37/08, ossia il progetto e la dichiarazione di conformità con tutti i suoi allegati obbligatori.
In caso di rifacimento parziale dell’impianto l’installatore dovrà dichiarare la compatibilità della parte di nuova realizzazione con la parte di impianto preesistente che continua a rimanere attivo.
La casistica che l’amministratore del condominio può trovarsi ad affrontare è rappresentata in forma di schema di flusso nella figura seguente:

Sicurezza elettrica nei condomini
Figura 2 – Gestione di un impianto elettrico in un condominio “ante ‘90” con presenza di lavoratore.

Impianto BT realizzato prima del 1990 senza “lavoratore” (caso 2)
Il testo continua nel volume “Sicurezza elettrica nei condomini”, disponibile nel bookshop, 264 pagine a colori, prima edizione 2019. Autore Piero Costadura. (ACQUISTA!)