Sotto la spinta di una sempre più diffusa automazione e dell’impiego di tecnologie sempre più sofisticate, ma sempre più sensibili ai disturbi elettromagnetici, è stata rivolta nell’ultimo decennio una crescente attenzione verso la caratterizzazione elettromagnetica di impianti civili e industriali, sia di nuova realizzazione che preesistenti. In tabella I (Caratteristiche dei disturbi) sono riportate alcune caratteristiche dei disturbi.
Alla tipologia dei disturbi esterni all’installazione, aleatori, impulsivi, in alta frequenza, che si propaga sia per via condotta che per via irradiata, appartiene l’onda di corrente di fulmine che, come causa di disturbo, presenta la caratteristica di essere unidirezionale e, anche per questo, ad alto contenuto energetico.
Oltre agli effetti diretti, un fulmine che colpisce un impianto provoca, come effetti indiretti, sovratensioni e gradienti di potenziale sul suolo che potrebbero essere pericolosi per l’uomo (tensione di contatto e di passo) e, a causa dei meccanismi di accoppiamento riportati in figura 1 (Caratteristiche dei disturbi), disturbi elettromagnetici indotti ai morsetti di ingresso di un sistema “vittima”.
(Forma d’onda tipica dei disturbi di modo comune misurati ai morsetti di I/O dei sistemi di automazione)
e la loro ampiezza dipende, a parità di parametri dell’onda di corrente di fulmine, dalla rete di terra dell’impianto, dalla tipologia dei collegamenti campo-quadro, dai cablaggi e dal criterio adottato per la connessione a terra degli schermi.
Problematiche legate al fulmine per nuovi impianti e per impianti esistenti
Nella maggior parte dei casi, per la realizzazione di nuovi impianti, conviene adottare una strategia che distribuisca l’onere della limitazione dei disturbi elettromagnetici parte sull’impiantistica e parte sul sistema. Spingere in modo incisivo solo sull’impiantistica o solo sul sistema può risultare, sempre che sia tecnicamente possibile, molto oneroso in termini di tempo e costi di progettazione e realizzazione. Nel caso di nuovi impianti e con riferimento al fenomeno fulmine, la Norma IEC (Norma IEC 1312-1 “Protection against lightning electromagnetic impulse Part 1: General principles”, Prima edizione, Febbraio 1995) rappresenta un valido contributo per quanto riguarda le problematiche da affrontare ed i criteri tecnici realizzativi da adottare, quale misura per la protezione sia delle strutture che dei sistemi elettrici ed elettronici a fronte di fenomeni elettromagnetici impulsivi quale la fulminazione.
In particolare, potranno essere definiti, a fronte di stimati parametri dell’onda di corrente di fulmine, il tipo di impiantistica e le prestazioni, in termini di immunità ed emissione (aspetto duplice della compatibilità elettromagnetica), che i sistemi elettrici ed elettronici da installare dovranno mostrare a fronte del fulmine.
Nel caso di impianti già esistenti, a causa della estrema difficoltà da parte dell’impianto di bloccare il normale esercizio per adeguarlo a quanto previsto dalle norme, risulta opportuno eseguire una caratterizzazione dell’impianto. La caratterizzazione viene eseguita sia tramite accurate analisi dell’impianto, a livello documentale e tramite ispezioni, sia, soprattutto, sperimentalmente, e mira a definire con buona confidenza la bontà della situazione impiantistica dell’installazione a fronte di disturbi elettromagnetici impulsivi. A seguito della caratterizzazione, vengono proposti gli interventi migliorativi per l’impiantistica e, eventualmente, per i sistemi elettrici ed elettronici.
In generale, al fine di individuare gli accorgimenti che non risultino onerosi economicamente e tecnicamente a fronte della realtà impiantistica esistente (necessità di continuità di funzionamento, caratteristiche del sistema elettrico / elettronico esistente) e del guasto verificatosi, si è rivelato molto utile, nel corso degli anni, svolgere le seguenti attività:
a) accurata analisi dei dati di progetto dell’impianto e dei sistemi sotto l’ottica della protezione contro i disturbi elettromagnetici impulsivi;
b) verifica della corrispondenza della realtà impiantistica con i dati di progetto;
c) individuazione dei tipici rappresentativi dei collegamenti campo-quadro dell’installazione, dei criteri di messa a terra, dei meccanismi di accoppiamento possibili e delle condizioni di accoppiamento dei disturbi con gli apparati elettrici ed elettronici;
d) misura dei disturbi condotti ai morsetti di ingresso/uscita, alimentazione e comunicazione degli apparati elettronici, a cui fanno capo i suddetti tipici, a seguito di disturbo impulsivo, simulante il fulmine in scala ridotta, tenendo presenti le problematiche inerenti, innanzitutto, la sicurezza del personale e la continuità di esercizio dell’impianto;
e) individuazione ed attuazione dei possibili rimedi, effettuati anche, per quanto possibile, durante le misure, mirati alla soluzione del guasto e/o malfunzionamento, tenendo presente il tasso di ripetibilità del guasto e/o malfunzionamento e la frequenza di ripetizione del disturbo (fulmine) stimata;
f) verifica dei miglioramenti attesi a fronte delle soluzioni tecniche adottate.
Simulazione del fenomeno di fulminazione
La necessità della simulazione del fulmine (o, comunque, la necessità di iniettare un disturbo impulsivo nella maglia di terra di un impianto con caratteristiche, in scala, simili a quelle del fulmine) sorge dal fatto che, per impianti esistenti, specialmente se di vecchia data, molto spesso non esiste adeguata documentazione e su quella che esiste nessuno è pronto a confermare la sua validità e la sua corrispondenza con la realtà impiantistica.
In tal senso, applicare la normativa IEC già citata, ad un impianto la cui impiantistica non è nota, apportando tutte le modifiche per uniformarsi alle norme stesse, risulta sicuramente oneroso e rischioso, nella misura in cui, appunto, non sono note le caratteristiche impiantistiche. La simulazione del fenomeno di fulminazione richiede l’allestimento di un circuito di prova per l’iniezione di corrente transitoria nelle strutture dell’impianto e la sua dispersione a terra. In particolare vanno fatte le seguenti considerazioni.
– Le condizioni di prova devono riprodurre quelle reali di dispersione interessando in misura naturale i diversi elementi dell’impianto (estensione del circuito di prova sufficiente a comprendere una significativa porzione della rete di terra e a evitare la formazione di percorsi di richiusura preferenziali).
– La simulazione deve essere condotta, per limitazioni tecniche e motivi di ordine pratico, in scala ridotta rispetto al fenomeno reale (valori di corrente sufficientemente elevati per un reale coinvolgimento di tutte le strutture interessate e per una significativa eccitazione ad impulso dei circuiti di terra).
– La forma d’onda della corrente di fulminazione reale viene generalmente rappresentata con un doppio esponenziale e con caratteristiche di unidirezionalità; le componenti spettrali risultano rilevanti per frequenza dell’ordine di decine di kHz, e decrescono sensibilmente per frequenze superiori ad alcune centinaia di kHz.
– La simulazione della scarica sulle strutture, effettuata con il circuito di simulazione del fulmine riportato in figura non riproduce rigorosamente l’andamento della corrente di fulmine; deve, comunque, comportare l’eccitazione delle strutture con correnti caratterizzate da componenti predominanti nel campo di frequenza delle decine di kHz e da elevati valori di derivata.
I risultati della simulazione portano ad avere una situazione sufficientemente indicativa:
– della bontà della rete di terra (scegliendo, rispetto alla zona di generazione della corrente, diversi punti per l’iniezione della corrente di scarica), si riesce a definire le aree equipotenziali dell’impianto e le eventuali zone dell’impianto in cui macroscopicamente i collegamenti della rete di terra non sono stati realizzati o non sono più come previsto a specifica);
– dei valori di disturbo che possono essere trasferiti ai morsetti di I/O dei vari sistemi ed apparati a fronte di eventi di fulminazione, tenendo conto del fattore di scala (determinato rapportando il valore di picco della corrente di fulmine simulato ad un valore medio di corrente di fulmine reale); inoltre, durante la simulazione, vengono effettuate verifiche per stabilire una relazione di proporzionalità tra la corrente di scarica e i valori delle interferenze elettromagnetiche indotte nei circuiti di impianto;
gli interventi da effettuare sull’impiantistica e, eventualmente, sui sistemi per il raggiungimento di un certo margine di compatibilità, a fronte dei suddetti valori medi di disturbo.
Obiettivi della simulazione
L’obiettivo non è chiaramente quello di individuare il livello di suscettibilità dei sistemi di automazione (i sistemi installati in un impianto dovrebbero essere già stati qualificati), ne quello di definire con precisione il massimo valore di disturbo a cui potrebbero essere sottoposti gli apparati del sistema. Interessa, invece, avere una certa confidenza che potranno verificarsi, per un certo fulmine, valori di disturbo di una certa entità, visto che il fattore di scala, con riferimento al valore di picco ed al tempo di salita, è conservativo.
Inoltre, obiettivi della simulazione sono:
– la definizione della diversità dei valori di disturbi indotti per le diverse linee di segnali (analogici, digitali, di comunicazione) nelle varie condizioni di funzionamento dell’impianto;
– a parità di tipo di linea di segnale, la diversità di valori di disturbo indotto, a causa della lunghezza del collegamento campo-quadro, del tipo di cavo e della messa a terra dello schermo (cavo schermato, non schermato e se schermato con schermo floating o collegato a terra ad una o entrambe le estremità), delle protezioni dei cavi eventualmente presenti in impianto, del tipo di percorso, del parallelismo con altri tipi di cavi.
In altre parole (ecco dove entra in gioco l’importanza della fase accurata di analisi dell’impianto e di definizione dei tipici di collegamento su cui eseguire le misure), si riesce ad individuare i punti critici dell’impianto a fronte di uno stesso disturbo impulsivo ed a circostanziare le situazioni impiantistiche in cui i disturbi indotti stessi vengono misurati. Inoltre, durante le campagne di simulazione, a fronte dello stesso disturbo iniettato si sperimentano varie condizioni di prova e di misura (che non sono quelle operative dell’impianto) per cercare di ridurre il valore di disturbo e definire, di conseguenza, la migliore condizione di installazione.
Le varie condizioni di prova si traducono, in genere, in variazioni temporanee, rispetto alla condizione operativa, dei collegamenti alla rete di terra di impianto, della disposizione e dei collegamenti dei collettori di terra interni agli armadi di automazione, della metodologia di riferimento dei vari tipi di cavi, eventualmente con i relativi schermi, di alimentazione, di segnale e di comunicazione, interni agli armadi rispetto alla terra funzionale e rispetto alla terra di protezione.
In definitiva, questo modo di procedere risulta essere l’unico modo per:
– rilevare lo stato attuale dell’impianto (specialmente della rete di terra e dei collegamenti di terra);
– modificare, per quanto necessario e possibile, la configurazione impiantistica senza ricorrere a grossi oneri economici;
– poter verificare ed attuare i vantaggi di un diverso tipo di collegamento degli schermi rispetto alle terre di protezione e di funzionamento, prima di ricorrere all’adozione di sistemi con più alto grado di immunità o lanciarsi in azioni pesanti sull’impiantistica e sulla protezione dei collegamenti campo-quadro (a volte basta razionalizzare le terre internamente ed esternamente agli armadi di automazione ed i collegamenti degli schermi per avere riduzioni del valore dei disturbi tali da dover richiedere almeno un livello di immunità in meno ai sistemi di automazione, con conseguente riduzioni di costi).
Esempi
Primo Impianto
Condizione operativa: gli schermi di multicavo e di singola coppia sono collegati alla Terra di Funzionamento dell’armadio in cui la Terra di Protezione e la Terra di Funzionamento sono tra loro isolate.
Si fa notare che l’effetto positivo si è raggiunto senza intervenire minimamente con ulteriori protezioni nè sull’impiantistica nè sulle protezioni in ingresso ai circuiti elettronici degli apparati interessati.
Secondo impianto
Condizione operativa: gli schermi di multicavo e di singola coppia sono collegati alla Terra di Funzionamento dell’armadio in cui la Terra di Protezione e la Terra di Funzionamento sono tra loro isolate.
Rispetto al primo impianto, si nota che l’entità dei disturbi sullo stesso tipo di armadio è circa metà (10 Vp rispetto ai 20 Vp del primo impianto) anche se i collegamenti del secondo impianto sono più lunghi rispetto a quelli del primo. Ciò significa che l’impedenza di terra presentata globalmente dal secondo impianto verso la maglia di terra è inferiore rispetto a quella presentata dal primo impianto.
Riccardo Bonanno
CESI – centro elettrotecnico sperimentale italiano