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Nello scrivere un articolo sugli impianti di terra è bene cominciare a eliminare un equivoco molto comune. L’impianto di terra non è composto solo dal dispersore, ma da una serie di elementi che concorrono nel loro complesso a convogliare la corrente di guasto verso terra e a richiuderla attraverso il terreno in un ben determinato circuito di guasto, funzionale per l’intervento delle protezioni, se necessario.

Gli elementi costitutivi dell’impianto di terra, oltre al dispersore, sono:
– i conduttori di terra;
– il collettore di terra;
– i conduttori di protezione;
– i conduttori equipotenziali.

Dispersori intenzionali e dispersori di fatto

Il dispersore è l’elemento cardine dell’impianto di terra ed è costituito da tutte quelle parti metalliche poste in contatto col terreno che consentono la dispersione della corrente di guasto, come ad esempio le puntazze a sezione a croce o i picchetti a sezione cilindrica. I dispersori che sono infissi nel terreno con la funzione specifica di fare circolare la corrente di guasto nel terreno sono definiti dalla Norma CEI 64-8 dispersori intenzionali (CEI 64-8/2, punto 24.2, commento).

Lo stesso commento della Norma ricorda che il dispersore può anche essere costituito unicamente da elementi naturali, definiti dalla norma dispersori di fatto, ossia da elementi strutturali che sono immersi nel terreno con un’altra funzione principale ma che per loro costituzione possono svolgere la funzione di dispersore.
Questi elementi sono ad esempio i ferri di armatura del cemento armato di un edificio o comunque di una costruzione, di plinti, di pilastri, di platee di fondazione o di muri di contenimento.

Tra i possibili elementi “di fatto” che verrebbe logico utilizzare come dispersori ci sono le tubazioni dell’acquedotto, che però non sono sotto il diretto controllo di chi gestisce un impianto elettrico e pertanto non assicurano la necessaria affidabilità nel tempo. Inoltre, una cattiva gestione dell’impianto elettrico (impianto privo di protezioni, cattiva manutenzione, malfunzionamento delle protezioni) potrebbe introdurre delle tensioni pericolose in caso di guasto sulle tubazioni dell’acquedotto utilizzato come dispersore.

Tuttavia la Norma CEI 64-8/5 non ne esclude completamente l’utilizzo, pur sconsigliandolo, purché sia presente il consenso scritto da parte dell’esercente dell’acquedotto ed esista una procedura affinché le modifiche che si intendono apportare all’acquedotto vengano comunicate preventivamente al responsabile dell’impianto elettrico interessato. Tale circostanza li rende però, nella pratica, inutilizzabili.

Norma CEI 64-8 art. 542.2.5

I tubi metallici di un acquedotto possono essere usati come dispersori soltanto con il consenso dell’esercente dell’acquedotto e se vengono date adeguate disposizioni in base alle quali il responsabile degli impianti elettrici venga informato di ogni modifica che si intende apportare alle tubazioni dell’acquedotto.

NOTA Si raccomanda che l’affidabilità dell’impianto di terra non dipenda da responsabili di altri servizi. Le tubazioni del gas, invece non devono essere utilizzate direttamente come dispersore naturale, come inequivocabilmente stabilito al paragrafo successivo della stessa norma.

Norma CEI 64-8 art. 542.2.6

Le tubazioni metalliche per liquidi o gas infiammabili non devono essere usate come dispersori.

NOTA Questa disposizione non esclude il collegamento equipotenziale dell’impianto di terra con le parti metalliche di altri servizi eseguita in accordo con quanto stabilito per la protezione contro i contatti indiretti.

È interessante osservare come tale divieto sia riferito solo all’uso dell’impianto di adduzione del gas solo come dispersore diretto mentre, se realizzato in maniera corretta e cioè in conformità con il capitolo 41, della Norma CEI 64-8, va realizzato il collegamento equipotenziale della tubazione del gas all’impianto di terra per ridurre il rischio legato all’introduzione da parte di quel tubo conduttore di un potenziale diverso, generalmente il potenziale di terra. Il collegamento equipotenziale deve essere fatto anche alla tubazione dell’acqua che rientra anch’essa nella definizione di massa estranea.

Da un punto di vista costruttivo i dispersori intenzionali che generalmente sono posati nel terreno possono essere piastre, nastri, tondini o conduttori cordati. Quelli normalmente infissi nel terreno sono invece generalmente picchetti a tubo, massicci o profilati. Poiché la funzione del dispersore è di assicurare la dispersione della corrente nel tempo la sua caratteristica principale deve essere la durata e quindi presentare buona resistenza meccanica e protezione contro gli eventuali fenomeni di corrosione. La Norma CEI 64-8/5 fornisce (nella tabella 54.1) le dimensioni minime indicative per le varie tipologie di dispersori che possono essere impiegati.
Ulteriori indicazioni utili, dal punto di vista costruttivo, possono essere ricavate dalla Guida CEI 64-12.

Conduttori di terra e collettore

I conduttori di terra hanno la funzione di collegare tra di loro i diversi elementi che compongono il dispersore e quest’ultimo al collettore di terra.
Possono essere utilizzati come conduttori di terra cavi isolati, corde metalliche nude, piattine metalliche o elementi strutturali metallici, purché inamovibili e con le seguenti caratteristiche:
– percorso breve e assenza di sollecitazioni meccaniche;
– idoneo dimensionamento;
– giunzioni effettuate mediante saldatura forte o autogena ovvero con appositi morsetti o manicotti che assicurino un contatto equivalente a quello della saldatura e che siano protetti contro la corrosione.
La sezione dei conduttori di terra deve essere in accordo con quanto riportato in tabella:

Il collettore o nodo principale di terra è costituito generalmente da una piastra metallica alla quale vengono collegati i conduttori di terra, di protezione e equipotenziali principali e dalla quale deve esser possibile effettuare gli eventuali sezionamenti necessari ai fini della verifica. In un impianto di notevoli dimensioni o complessità, che ha un unico impianto di terra, i collettori possono essere più di uno, ciascuno dei quali deve essere:

– ispezionabile e facilmente accessibile;
– meccanicamente robusto e protetto contro la corrosione.

Conduttori di protezione ed equipotenziali

Dal collettore partono i conduttori di protezione e i conduttori equipotenziali principali, ossia i conduttori che collegano, rispettivamente, le masse e le masse estranee all’impianto di terra. Come i conduttori di terra, possono essere nudi o isolati; nel caso in cui fossero isolati, che è il caso più comune, il loro colore distintivo deve essere, in via esclusiva, il colore giallo verde.

In un sistema TT, i conduttori di protezione convogliano la corrente di guasto verso l’impianto di terra, mentre, in un sistema TN, la convogliano verso il punto collegato francamente a terra, generalmente il centro stella del trasformatore. Dalla loro funzione si capisce immediatamente la loro importanza.

Una loro interruzione o rimozione provocherebbe l’apertura del circuito di guasto e di conseguenza lo scollegamento delle masse dall’impianto di terra. Una massa scollegata dall’impianto di terra rappresenta una reale situazione di pericolo. In caso di cedimento dell’isolamento di un conduttore in semplice isolamento la tensione di contatto si localizza ugualmente sulla massa e, il caso di contatto, la persona funziona da conduttore e offre la via di richiusura al circuito di guasto.

I conduttori di protezione devono essere facilmente identificabili rispetto alle fasi e al neutro che sono conduttori attivi, devono essere inamovibili e avere sezione idonea rispetto ai seguenti aspetti che devono essere soddisfatti:
– la protezione meccanica e contro la corrosione;
– lo smaltimento della corrente di guasto.
La sezione dei conduttori di protezione non dovrà essere inferiore a quella risultante dalla seguente relazione.

SP2 = I2 * t/k2

Dove:
SP è la sezione del conduttore di protezione in mm2;
I è il valore efficace della corrente di guasto che può percorrere il conduttore di protezione in caso di guasto di impedenza trascurabile;
t è il tempo di intervento del dispositivo di protezione;
k è un fattore che dipende principalmente dal materiale che costituisce il conduttore di protezione e dal suo isolamento.
Un altro metodo per la scelta della sezione dei conduttori di protezione è quello della tabella seguente che fornisce sezioni maggiori rispetto a quelle calcolate con la formula appena indicata.

I conduttori equipotenziali hanno la funzione di collegare all’impianto di terra le cosiddette masse estranee, ossia quelle parti metalliche che abbiamo già visto non fare parte dell’impianto elettrico ma che hanno la peculiarità di poter introdurre al suo interno un potenziale, generalmente il potenziale di terra.

La possibilità di avere due sistemi simultaneamente accessibili è sicuramente una fonte di potenziale pericolo perché una tensione indotta su uno dei due sistemi può generale una differenza di potenziale cui può essere soggetta la persona in contatto con i due oggetti metallici. Per questo motivo tutte queste parti conduttrici devono essere collegate all’impianto di terra alla base dell’edificio per realizzare quell’equipotenzialità che è sinonimo di sicurezza.

La norma distingue tra collegamento equipotenziale principale, che viene effettuato all’ingresso delle masse estranee nell’edificio e i collegamenti equipotenziali supplementari che sono ripetuti in ambienti particolari a maggior rischio elettrico, come ad esempio locali contenenti bagni e docce.

La caratteristica dei conduttori equipotenziali deve essere quella della loro identificabilità e della protezione meccanica per cui la sezione minima deve essere uguale alla metà di quella del conduttore di protezione di sezione più grande dell’impianto, con un minimo di 6 mm2 e un massimo di 25 mm2 per i conduttori in rame. Il collegamento equipotenziale supplementare deve avere sezione non inferiore a 2,5 mm2 se protetto meccanicamente, ovvero 4 mm2 se non lo è

Nella figura viene rappresentato schematicamente un impianto di terra in un edificio.

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