Per cercare di dare una risposta a questa domanda mi sono rivolto al signor Google, il tuttologo tuttofare che semplifica, da molte stagioni, la nostra vita. Ho trovato questa semplice, ma esaustiva spiegazione: l’impianto di terra è fondamentale per la sicurezza. Soddisfatto del risultato, mi sono allora domandato perché le norme non si stancano mai di ricordarcelo, ma soprattutto: da quando è obbligatorio l’impianto di terra?
Obbligo sì e no, forse…
La mia ricerca in ambito normativo mi ha condotto a ritrovare che l’obbligo di “mettere a terra” le parti metalliche esposte al contatto accidentale delle persone, e che soltanto per difetto di isolamento potrebbero trovarsi sotto tensione lo ritroviamo già nel Testo definitivo delle Norme per l’esecuzione e l’esercizio degli impianti elettrici adottato nell’anno 1910.
Venendo più vicino ai giorni nostri, per la protezione contro i contatti diretti nei sistemi di I categoria, secondo quando indica la Norma CEI 11-1:1965, le parti in tensione […] devono essere sottratte al contatto accidentale delle persone […] ad esempio […] proteggendo dal contatto con le parti nude in tensione mediante schermi metallici messi a terra. Analoga prescrizione la ritroviamo anche per i sistemi di II e III categoria.
Per la protezione contro i contatti indiretti (fault protection) mediante interruzione automatica del circuito (Sistema TT), la prima edizione della Norma CEI 64-8 (1984) prescrive che negli impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione tutte le masse devono essere collegate all’impianto di terra (articolo 5.4.06). Dal punto di vista legislativo, il Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955 , n. 547 “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” all’articolo 271 prescrive che, le parti metalliche degli impianti ad alta tensione, soggette a contatto delle persone e che per difetto di isolamento o per altre cause potrebbero trovarsi sotto tensione, devono essere collegate a terra. Il collegamento a terra deve essere fatto anche per gli impianti a bassa tensione situati in luoghi normalmente bagnati od anche molto umidi o in immediata prossimità di grandi masse metalliche, quando la tensione supera i 25 Volta verso terra per corrente alternata e i 50 Volta verso terra per corrente continua.
La legge 1° marzo 1968, n. 186 “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici”, cinquantacinque anni fa introdusse l’obbligo di realizzare a regola d’arte gli impianti elettrici (articolo 1), ricordando che i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme del comitato elettrotecnico italiano si considerano costruiti a regola d’arte (articolo 2).
Se ciò non bastasse, l’obbligo di dotare gli impianti elettrici di impianti di messa a terra e di interruttori differenziali ad alta sensibilità o di altri sistemi di protezione equivalenti è indicato dall’articolo 7 della Legge 5 marzo 1990, n. 46 “Norme per la sicurezza degli impianti”.
Sarà, invece, il Decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447 “Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46, in materia di sicurezza degli impianti” a consentire l’adeguamento degli impianti elettrici già realizzati mediante sezionamento e protezione contro le sovracorrenti, posti all’origine dell’impianto, protezione contro i contatti diretti, protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA. Obbligo rimarcato dal Decreto 22 gennaio 2008, n. 37 “Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”.
Il dubbio trova fondamento. Se le norme lo prevedevano e la legge 186/1968 prescriveva l’esecuzione degli impianti elettrici a regola d’arte, perché nel 1990 bisognava ribadire che l’impianto di terra era obbligatorio? E perché prevedere un adeguamento? La risposta, allora come oggi è che molti impianti elettrici, ancorché realizzati “a regola d’arte” non avevano l’impianto di terra. In altre parole, a regola d’arte non lo erano! Dopo quarantatré anni, la situazione, ahimè, non è cambiata. Spero che almeno i nuovi impianti elettrici siano realizzati a regola d’arte e, quindi, negli impianti utilizzatori di bassa tensione (Sistema TT) si esegua il coordinamento fra i dispositivi di protezione a corrente differenziale e l’impianto di terra, come prescritto dalla Norma CEI 64-8.
Indagini recenti, però, confermano il mio dubbio. E gli impianti realizzati prima dell’emanazione della Legge 46/90, sono da ritenersi ancora adeguati? Evidentemente no, se è vero che molti non hanno mai installato neppure il famigerato interruttore differenziale da 30 mA prescritto nel 1991 come requisito minimo per adeguare gli impianti elettrici esistenti. E quelli che lo hanno fatto, credendo di aver ottemperato l’obbligo e illudendosi di avere un impianto elettrico sicuro, probabilmente non hanno mai provato se il differenziale funziona ancora (se non scatta vuol ben dire che funziona, o no?).
In questi anni si è parlato molto di manutenzione straordinaria. Merito dei bonus edilizi e del superbonus. Nel frattempo, complice anche l’introduzione massiva dello Smartworking durante l’emergenza pandemica, abbiamo elettrificato e digitalizzato le nostre abitazioni. In casa sono stati installati climatizzatori e pompe di calore, piani ad induzione, impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo. Abbiamo l’IA che gestisce i nostri elettrodomestici, controlla clima e sicurezza con una semplice connessione Internet. Eppure, pochi hanno messo mano all’impianto elettrico. Sembrerebbe che l’ultimo dei pensieri dei consumatori e degli installatori sia verificare se l’impianto elettrico è ancora sicura oppure è il caso di adeguarlo, “svecchiarlo”.
E non parlo di quanti si difendono dicendo che hanno una dichiarazione di conformità rilasciata chissà da chi e quanto (perché la manutenzione, quella no, non si fa). Mi riferisco a quanti abitano in alloggi costruiti durante gli anni del boom economico e forse anche prima, che continuano a vivere tranquilli e sereni nei loro alloggi splendidamente arredati (gustibus), con doppi e tripli vetri, cappotti termici, ma impianti pericolosi. Alcuni di questi “splendidi” alloggi sono fittati a prezzi “equi” e, in barba a tutti gli obblighi, senza che nessuno si pensi di verificare la (in)sicurezza degli impianti.
Perché si realizza l’impianto elettrico
Torniamo seri. Secondo quanto indicato dalla Norma CEI 64-8, uno dei metodi per proteggere le persone contro i pericoli che possono derivare dal contatto con una massa in caso di guasto dell’isolamento (contatto indiretto, fault protection), consiste nell’interruzione automatica del circuito. Interruzione che deve avvenire in un tempo determinato, in seguito al verificarsi di un guasto suscettibile di provocare, attraverso il corpo in contatto con le masse, la circolazione di una corrente pericolosa. Interruzione che, come ricorda la nota all’articolo 413.1 è richiesta quando si possono avere effetti fisiologici dannosi in una persona, in caso di guasto, a causa del valore e della durata della tensione di contatto.
Per realizzare questa protezione, quindi, è necessario installare un dispositivo di protezione che interrompa automaticamente l’alimentazione al circuito o al componente elettrico in modo che, in caso di guasto, nel circuito o nel componente elettrico, tra una parte attiva ed una massa o un conduttore di protezione, non possa persistere, per una durata sufficiente a causare un rischio di effetti fisiologici dannosi in una persona in contatto con parti simultaneamente accessibili, una tensione di contatto presunta superiore alla tensione di contatto limite convenzionale.
Il successivo articolo 413.1.1.2 prescrive che le masse siano collegate ad un conduttore di protezione e quelle simultaneamente accessibili, allo stesso impianto di terra.
Nei Sistemi TT, ovvero agli impianti elettrici di bassa tensione collegati alla rete di distribuzione (in accordo con quanto prescritto dalla Norma CEI 0-21), tutte le masse protette contro i contatti indiretti dallo stesso dispositivo di protezione devono essere collegate allo stesso impianto di terra (413.1.4.1) e per la protezione contro i contatti indiretti devono essere utilizzati dispositivi di protezione a corrente differenziale coordinati secondo la nota relazione:
RE · IE ≤ UL
dove:
RE è la resistenza del dispersore in ohm;
Idn è la corrente nominale differenziale in ampere;
UL è la tensione limite convenzionale, generalmente 50 V in corrente alternata.
La Norma ci ricorda che per ottenere selettività con i dispositivi di protezione a corrente differenziale nei circuiti di distribuzione è ammesso un tempo di interruzione non superiore a 1 s.
Il Capitolo 37, dedicato agli ambienti residenziali ricorda inoltre che al fine di garantire una sufficiente continuità di servizio, la protezione differenziale deve essere suddivisa su almeno 2 circuiti indipendenti e raccomanda l’impiego di interruttori differenziali di tipo F, per la protezione dei circuiti che alimentano lavatrici e/o condizionatori fissi.
Come si realizza un impianto di terra?
Secondo la definizione riportata dalla Norma CEI 64-8, l’impianto di terra è l’insieme dei dispersori, dei conduttori di terra, dei collettori (o nodi) principali di terra e dei conduttori di protezione ed equipotenziali, destinato a realizzare la messa a terra di protezione e/o di funzionamento (24.11). All’impianto di terra sono connesse tutte le masse dei componenti elettrici di Classe I e tutte le masse estranee, collegamento che avviene mediante la posa del conduttore di protezione (di colore giallo-verde).
L’impianto di terra, invece, si compone di una terra di fondazione, di un conduttore di terra, di un collettore o nodo equipotenziale principale di terra.
La terra di fondazione (24.13) è la parte conduttrice immersa nel suolo nella fondazione dell’edificio o, preferibilmente, annegata nel cemento della fondazione, generalmente sotto forma di anello.
Il collettore principale di terra (24.8), invece, è l’elemento previsto per il collegamento al dispersore dei conduttori di protezione, inclusi i conduttori equipotenziali e di terra, nonché i conduttori per la terra funzionale, se esistente.
Un esempio di come realizzare un impianto di terra è descritto nella Guida CEI 64-12; per gli ambienti residenziali, sono presenti alcuni esempi anche nella Guida CEI 64-12.
Figura 1: Impianto di terra.
Come ricorda la Norma CEI 64-8, però, un impianto non bisogna solo realizzarlo a regola d’arte, bisogna anche verificarlo durante l’installazione, per quanto praticamente possibile, ed al suo completamento, prima di essere messo in servizio allo scopo di assicurarsi che sia stato realizzato in conformità con le prescrizioni normative. Le prove e le misure per verificare l’efficacia della protezione mediante interruzione automatica dell’alimentazione sono descritte nella Parte 6 della Norma CEI 64-8.
Nei Sistemi TT occorre misurare la resistenza RE del dispersore, al quale sono collegate tutte le masse e verificare la caratteristica e l’efficienza del dispositivo differenziale, al fine di rispettare la relazione anzidetta.
Al termine delle verifiche, poi, ci ricorda la Norma (articolo 6.4.4), deve essere prodotto un rapporto per la verifica iniziale, compilato e firmato dalla persona che ha eseguito la verifica e consegnato al committente unitamente alla Dichiarazione di Conformità. È bene ricordarlo. Secondo quanto prescritto dal DM 37/08 (articolo 7), infatti, quando ultimiamo un nuovo impianto, eseguiamo una modifica o un ampliamento di un impianto esistente, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell’impianto, l’impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati.
Concludo con la frase presa in prestito dalla rete: l’impianto di messa a terra è fondamentale per la sicurezza ovvero realizzare un impianto elettrico non è solo una questione di obbligo, ma è sempre una questione di sicurezza delle persone. Questo vale sia nel caso dei nuovi impianti elettrici, ma vale tanto di più per quegli impianti che negli ultimi anni non sono mai stati oggetto di adeguamento, convinti che bastasse un interruttore differenziale a proteggere le persone, sempre ammesso funzioni ancora (sigh).
Antonello Greco