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E’ ben noto come gli impianti elettrici nei locali ad uso medico ed assimilati abbiano aspetti specifici finalizzati, soprattutto, a garantire la sicurezza dei pazienti.
La norma d’impiantistica CEI che contiene le prescrizioni specifiche per i locali medici è la CEI 64-8, Sezione 710 che ha sostituito, nel 2001, la norma CEI 64-4. Alla sezione 710 si affianca la guida CEI 64-56:2007.
Lo stesso obiettivo perseguono le norme di prodotto CEI EN sugli apparecchi elettromedicali che hanno, tutte, una valenza internazionale.
E’ opportuno evidenziare quanto indicato nella norma CEI 64-8;V1:2008 che abroga, nel primo articolo, il 710 la frase: “Gli impianti già realizzati, o in corso di realizzazione, secondo la norma CEI 64-4 sono ritenuti egualmente idonei agli effetti della sicurezza”.
Abrogazione che, coerentemente, recepisce il nuovo approccio alla prevenzione ed, in particolare, alla valutazione del rischio del D.Lgs. 81/08 come modificato dal D.Lgs. 106/09.
Prevenzione intesa come “complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi” in un’ottica dinamica della valutazione dei rischi che tiene conto dell’evolversi della tecnica per gli opportuni adeguamenti.
Perché mai una sezione specifica CEI ed una guida CEI su questi impianti elettrici e 160 norme internazionali sugli apparecchi elettromedicali?Tanta attenzione deriva dalla maggiore vulnerabilità allo shock elettrico ed al corretto funzionamento dell’impianto elettrico in cui viene a trovarsi il paziente.
Soprattutto per ridurre due rischi:
– Rischio di microshock;
– Rischi specifici provocati dalla mancanza dell’alimentazione (continuità di esercizio).

Macroshock e microshock

Quando una persona, in condizioni fisiche “normali”, entra in contatto con parti sotto tensione la corrente elettrica conseguente si distribuisce in tutto il corpo e solo una parte interessa la zona cardiaca (fig. 1.a). La tensione UL massima ammessa dalla norma CEI 64-8:2007 per gli ambienti particolari (tra cui locali medici) è di 25 V in c.a. (60 V in c.c.). Il limite di tollerabilità della corrente conseguente è dell’ordine della decina di milliampere (macroshock). Una corrente di dispersione di 0,5 mA (500 µA), ammessa per un apparecchio elettrico ordinario, è al limite della soglia di sensibilità media e non provoca danni all’organismo.
Per un paziente che si trovi nelle condizioni illustrate in fig. 1.b, una corrente di alcune decine di microampere può innescare la fibrillazione ventricolare e causarne la morte (microshock).

Fig. 1.a Rischio di macroshockFig. 1.b Rischio di microshock
Fig. 1.a Rischio di macroshock: valore di corrente convenzionalmente sicuro: 10-20 mA. tensione di contatto convenzionalmente sicura 25 Vca, 60 Vcc.  1.b Rischio di microshock: valore di corrente ragionevolmente sicuro: < 10 µA. tensione di contatto convenzionalmente sicura 10mV.

La riduzione dei rischi di macroshock può essere ottenuta con provvedimenti impiantistici semplici (ad esempio, interruttore differenziale con Idn≤30 mA ed impianto di terra).

Questo non è invece possibile per la protezione dal rischio di microshock, nei riguardi del quale, dato il valore molto basso della corrente pericolosa (ordine di grandezza 10 µA), è necessario adottare specifici provvedimenti impiantistici di protezione e severe modalità di esercizio dell’impianto stesso ed, inoltre, utilizzare apparecchi elettromedicali con caratteristiche di sicurezza adeguate.
I principali provvedimenti impiantistici contro i rischi di microshock sono:
– separazione elettrica del circuito di alimentazione degli apparecchi mediante trasformatore di isolamento medicale;
– controllo continuo dell’isolamento verso terra dei circuiti isolati;
– sistema di equalizzazione dei potenziali.
I provvedimenti impiantistici di protezione devono essere presi in sede di progettazione, in relazione alla classificazione del locale.
La classificazione dipende dal tipo di attività medica che vi si svolge.
I provvedimenti di esercizio devono essere adottati da parte del personale medico, in relazione al tipo di intervento svolto, e dal personale tecnico per quanto riguarda le verifiche e la manutenzione degli impianti elettrici e l’acquisizione e la manutenzione degli apparecchi elettromedicali.
Negli ambienti medici la presenza di apparecchi elettrici destinati alla diagnosi, terapia o riabilitazione (apparecchi elettromedicali) è sempre più massiccia.
Gli apparecchi elettromedicali sono spesso in intimo contatto con il paziente attraverso elettrodi, sonde, ecc. e/o ad essi sono affidate funzioni vitali del paziente come nei locali di terapia intensiva oppure durante particolari interventi chirurgici.
Una corrente elettrica che circola nel cuore può determinare il fenomeno irreversibile della fibrillazione ventricolare, che dipende da:
– intensità della corrente elettrica;
– durata del passaggio della corrente;
– zona del cuore percorsa dalla corrente.
A frequenza industriale, a parità di condizioni, si ha il più basso valore di corrente per innescare la fibrillazione ventricolare.

Il rischio per il paziente, dipende da tutta una serie di circostanze che possono aggravare le condizioni di pericolo, come:
– assenza di reazioni normali del paziente al passaggio di piccole correnti, per l’impiego di anestetici o per lo stato di fuori conoscenza e conseguente impossibilità per l’operatore sanitaria di rilevare il passaggio di piccole correnti elettriche;
– applicazione di parti applicate direttamente al corpo di apparecchi elettromedicali ci esterni sulla pelle, caratterizzata spesso da una ridotta resistenza di contatto dovuta a trattamenti medici o chirurgici o all’applicazione di paste conduttrici o addirittura, attraverso sonde, a contatto con organi interni;
– collegamento simultaneo al paziente di più apparecchi con caratteristiche e prestazioni diverse.
E’ esposto al rischio di microshock, ad esempio, il paziente al quale sia stato applicato un catetere pieno di liquido, per prelevare campioni di sangue nei punti critici del cuore,o per iniettare un liquido radiopaco (angiografia); oppure per stimolare il cuore tramite un elettrodo (pace-maker temporaneo). In questi casi, una corrente elettrica esterna, ad esempio una corrente di dispersione di un apparecchio elettromedicale, può confluire direttamente nel cuore per fuoriuscire tramite il catetere.

Ne consegue che un impianto elettrico che è “a regola d’arte” (rischio accettabile) in un ambiente ordinario può essere molto pericoloso in locali dove è presente il rischio di microshock.
In conclusione la probabilità che la persona sia percorsa da correnti pericolose è molto più elevata di quella che si ha in condizioni di vita “normale”.

Le misure di sicurezza da adottare non sono uguali in tutti i locali medici, ma si differenziano secondo la tipologia dell’attività medica svolta ed il tipo di apparecchi elettromedicali utilizzati.

Rischi specifici provocati dalla mancanza dell’alimentazione

L’altro rischio specifico nei locali medici è costituito dal venir meno dell’energia elettrica., gGravi soprattutto le conseguenze per il paziente quando gli apparecchi elettromedicali sovrintendono allo svolgimento di funzioni vitali oppure quando ne derivano disfunzioni per le attività sanitarie (illuminazioni in zone particolari come sale operatorie e locali di rianimazione) e/o di emergenza (evacuazione, trasporto urgente di pazienti).
L’art. 710.562.1.2 della norma 64-8:2007, infatti, recita:
“Abbassamento di tensione
Se l’abbassamento di tensione al quadro di distribuzione principale supera in uno o più conduttori di fase il 12% della tensione nominale, per una durata superiore a 3 s, una sorgente di alimentazione dei servizi di sicurezza deve provvedere automaticamente alla alimentazione dei circuiti di cui in 710.562.2.2.” e successivamente (art. 710.562.2) “Prescrizioni dettagliate per le sorgenti di alimentazione di sicurezza”.

Provvedimenti normativi specifici di impiantistica elettrica

La normativa di riferimento è rappresentata dalla Sezione 710 della norma CEI 64-8:2007 “Locali ad uso medico”, e dalla relativa guida CEI 64-56:2007. La situazione normativa internazionale è attualmente bloccata.
La bozza del documento F pr HD 60364-7-710 “Medical location”, in discussione dal 2002, sottoposta a voto CENELEC (scadenza 20-11-2009) è stata “bocciata”.
Le prescrizioni particolari si applicano agli impianti elettrici nei locali ad uso medico (ospedali, cliniche private, studi medici e dentistici, locali ad uso estetico e locali dedicati ad uso medico nei luoghi di lavoro). La norma aggiunge che “la presente norma può essere usata anche per cliniche e ambulatori veterinari”.

Definizioni

Con la definizione di locale ad uso medico si intende un “locale destinato a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabilitazione dei pazienti (inclusi i trattamenti estetici)”.
Gli ambulatori veterinari sono locali “assimilati” ai locali ad uso medico in quanto la definizione di “paziente” comprende anche gli animali; ad essi si possono applicare, quindi, le stesse prescrizioni dei locali ad uso medico. Nell’allegato P della Guida CEI 64-56:2008 si tratta specificatamente degli impianti elettrici in questi locali (Studio veterinario, Ambulatorio veterinario Clinica veterinaria Ospedale veterinario).
Non viene considerato, in generale, il rischio di microshock ed i locali sono classificati come Locali di grado 0 (locali di degenza) e Locali di grado 1 (se si utilizzano apparecchi EM con parti applicate in diagnosi e chirurgia). E’ prevista l’installazione di una illuminazione di sicurezza per questi locali e per la, eventuale, lampada scialitica.

Un locale ad uso estetico è un locale dove l’estetista svolge la propria attività ed utilizza apparecchi elettrici ad uso estetico, indipendentemente dalla struttura che lo ospita (centro di fitness, palestra, albergo, ecc). Il maggior rischio elettrico è, infatti, legato all’applicazione di apparecchi ad uso estetico.
Nella Guida CEI 62-39 – “Apparecchi elettrici per uso estetico. Guida generale per la sicurezza” Un l’apparecchio elettrico per uso estetico é così definito: “Apparecchio elettrico […] destinato al trattamento estetico, utilizzato dall’operatore estetico e che entra in contatto fisico od elettrico con il soggetto trattato e/o trasferisce energia verso o dal soggetto trattato”.
Nella legge 4 gennaio 1990 n. 1 “Disciplina dell’attività di estetista” tali apparecchi sono citati come “apparecchi elettromeccanici per uso estetico”, ma i rischi che possono provocare sono assimilati a quelli di un apparecchio elettromedicale. La stessa legge elenca tutti gli apparecchi ad uso estetico, elettrici e non elettrici. Non sono da considerare apparecchi per uso estetico: caschi da parrucchiere, asciugacapelli portatili, rasoi elettrici, ecc.

Con il termine di paziente si intende la persona o animale sottoposta ad esame o trattamento medico incluso quello dentistico. La persona sottoposta al trattamento di tipo estetico è da considerare, per quanto riguarda la presente norma, come un paziente.

Apparecchio elettromedicale
Un apparecchio elettrico destinato alla diagnosi, terapia o riabilitazione di un paziente sotto la supervisione di un medico é definita apparecchio elettromedicale.
La parte dell’apparecchio elettromedicale che nel funzionamento ordinario é destinata ad entrare in contatto fisico con il paziente per ragioni funzionali é denominata parte applicata. Gli apparecchi elettromedicali con parti applicate sono ovviamente più pericolosi.

Parte applicata
Si definisce parte applicata la parte dell’apparecchio la parte che nell’uso normale:
– è necessariamente in contatto fisico con il paziente perché l’apparecchio possa svolgere la sua funzione;
– può essere portata a contatto con il paziente;
– necessita di essere toccata dal paziente.

La norma CEI EN 60601-1:2007 (CEI 62-5) definisce parte applicata la “parte di un apparecchio EM (elettromedicale) che nell’uso normale viene necessariamente in contatto fisico con il paziente affinché l’apparecchio EM o il SISTEMA EM possa svolgere la sua funzione”.
Gli apparecchi elettromedicali si distinguono in apparecchi con parti applicate di tipo B, di tipo BF e di tipo CF secondo una graduatoria crescente di sicurezza.
Gli apparecchi con parti applicate di tipo F (BF e CF) hanno le parti applicate “flottanti” cioè sono isolate dalle altre parti dell’apparecchio EM, in modo che quando al paziente viene connessa una tensione non voluta generata da una sorgente esterna, non possa circolare una corrente superiore alla corrente di dispersione nel paziente ammessa tra la connessione paziente e la terra.
Le parti applicate possono, anche, essere classificate come parti applicate protette contro la scarica del defibrillatore.

Correnti di dispersione
Le norme CEI EN prevedono tre tipi di correnti di dispersione:
– corrente di dispersione verso terra: corrente che fluisce nel conduttore di protezione (norma CEI EN 60601-1:2007 art. 3.25);
– corrente di dispersione sull’involucro: corrente che attraversa la persona in contatto con l’involucro (isolante) (norma CEI EN 60601-1:2007 art. 3.26);
– corrente di dispersione nel paziente: corrente che fluisce nel paziente verso terra tramite la parte applicata.

Classificazione dei locali medici
I locali medici sono classificati in tre gruppi, in base caratteristiche degli apparecchi elettromedicali impiegati e all’attività medica svolta:
Locali medici di gruppo 0
Locali medici nei quali non si utilizzano apparecchi elettromedicali con parti applicate
Locali medici di gruppo 1
Locali medici in cui si fa uso di apparecchi elettromedicali con parti applicate. Le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate esternamente, oppure invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, eccetto che nella zona cardiaca
Locali medici di gruppo 2
Locale ad uso medico nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate in applicazioni quali interventi intracardiaci, operazioni chirurgiche, o il paziente è sottoposto a trattamenti vitali dove la mancanza dell’alimentazione può comportare pericolo per la vita del paziente, ad esempio terapia intensiva.
Un intervento intracardiaco è un intervento in cui un conduttore elettrico è posto entro la zona cardiaca di un paziente o è probabile che entri in contatto con il cuore, mentre tale conduttore è accessibile all’esterno del corpo del paziente (ad es. l’applicazione di pace-maker, esami angiografici e di emodinamica, ecc.).
A questo riguardo, si considerano conduttori non solo gli elettrodi di un pacemaker o di un elettrocardiografo, ma anche i cateteri che contengono liquidi conduttori (sangue, liquido fisiologico, ecc.).

Zona paziente
Nei locali medici di gruppo l e 2 si utilizzano apparecchi elettromedicali con parti applicate. La norma CEI 64-8:2007 (art. 710.2.8) definisce come zona paziente:
“Qualsiasi volume in cui un paziente con parti applicate può venire in contatto intenzionale, o non intenzionale, con altri apparecchi elettromedicali o sistemi elettromedicali o con masse estranee, con altre persone in contatto con tali elementi. Questa definizione si applica quando la posizione del paziente è predeterminata; in caso contrario devono essere prese in considerazione tutte le possibili posizioni del paziente.”

Fig.2 Limiti dimensionali della zona paziente
Fig.2 Limiti dimensionali della zona paziente

Se gli apparecchi elettromedicali sono più di uno e/o spostabili, la zona paziente estende, a favore della sicurezza, a tutto il locale.
Da notare che non si tiene conto degli apparecchi elettromedicali alimentati da una sorgente elettrica interna (pile o accumulatori) anche se con parti applicate, se non c’è pericolo di microshock.
Come, ad esempio, nel caso di una pompa di infusione, il paziente in queste condizioni non é da considerare un paziente con parti applicate.

Provvedimenti di protezione specifici nei locali medici ed assimilati

La classificazione dei locali ad uso medico e l’individuazione della zona paziente devono essere fatte dal personale medico in accordo con l’organizzazione sanitaria; è necessario che il responsabile sanitario indichi esplicitamente quali trattamenti medici saranno effettuati nel locale (CEI 64-8:2007, art. 710.3).
Nei locali medici o assimilati di gruppo 0 (zero) si deve solamente ottemperare alle prescrizioni della parte generale della norma CEI 64-8, non si applica la sezione 710.
Nei locali medici o assimilati di gruppo 1 e 2 si applicano i provvedimenti più severi previsti dalla sezione 710 della norma CEI 64-8. Ci si limita ai componenti installati a meno di 2,5 metri di altezza.

Provvedimenti che così possono essere schematizzati:

Locali di gruppo 1:
– Nodo equipotenziale (art. 710.413.1.2.2.1) a cui si collegano:
. le masse (conduttori di protezione);
. le masse estranee (conduttori equipotenziali, sezione minima 6 mm2);
. eventuali schermi metallici (contro le interferenze, nei trasformatori di isolamento, ecc).
– Adozione di interruttori differenziali esclusivamente di tipo A o B (interruttori differenziali in accordo con CEI EN 61008-1:2005 , CEI EN 61009-1:2006 e IEC 60755;
– Illuminazione di sicurezza di classe adeguata.

Locali di gruppo 2:
– Nodo equipotenziale (art. 710.413.1.2.2.1) a cui si collegano:
. le masse (conduttori di protezione);
. le masse estranee (conduttori equipotenziali, sezione minima 6 mm2 e resistenza tra nodo equipotenziale e morsetti ≤ 0,2 Ω);
. eventuali schermi metallici (contro le interferenze, nei trasformatori di isolamento, ecc).
– Adozione del sistema IT-M (CEI 64-8:2007, art. 710.413.1.5): trasformatore di isolamento ad uso medicale (Norma CEI EN 61558-2-15:2001 art. 8.1 h) e dispositivo di controllo permanente dell’isolamento.
– Adozione nei circuiti non alimentati da trasformatore IT-M, di interruttori differenziali esclusivamente di tipo A o B (interruttori differenziali in accordo con CEI EN 61008-1:2005, CEI EN 61009-1:2006 e IEC 60755);
– Alimentazione di sicurezza:
. che garantisca una adeguata continuità per le utenze essenziali
. illuminazione con classificazione dei tempi di intervento.

Masse estranee
Individuazione delle masse estranee che devono, quindi, essere collegate all’impianto di terra nei locali medici e assimilati.
Locale di gruppo 0: è una massa estranea la parte metallica che presenta una resistenza verso terra Locale di gruppo 1: è una massa estranea la parte metallica che presenta una resistenza verso terra Locale di gruppo 2: è una massa estranea la parte metallica che presenta una resistenza verso terra < 0,5 MΩ, deve essere collegata al nodo equipotenziale (sezione non minore di 6 mm2), in questo caso la resistenza del conduttore equipotenziale deve essere < 0,2 Ω.

Le verifiche

Le prescrizioni sulle verifiche degli impianti medici (e assimilati) hanno una forte specificità rispetto alla Norma generale.
La norma 64-8:2007, art. 710.6 prescrive che:
“Devono essere registrate le date ed i risultati delle prove e delle misure di ciascuna verifica, la quale deve essere effettuata da un tecnico qualificato”.
E negli articoli successivi si precisa:

710.61 Verifiche iniziali
Le verifiche indicate nel seguito nei punti da a) a d) sono da aggiungere a quelle indicate nel Capitolo 61. Le verifiche devono essere effettuate prima della messa in servizio iniziale e, dopo modifiche o riparazioni, prima della nuova messa in servizio.
a) prova funzionale dei dispositivi di controllo dell’isolamento di sistemi IT-M e dei sistemi di allarme ottico e acustico;
b) misure per verificare il collegamento equipotenziale supplementare (710.413.1.2.2.2);
c) misure delle correnti di dispersione dell’avvolgimento secondario a vuoto e sull’involucro dei trasformatori per uso medicale;
d) esame a vista per controllare che siano state rispettate le altre prescrizioni della sezione.

710.62 Verifiche periodiche
Devono essere effettuate le seguenti verifiche periodiche nei seguenti intervalli di tempo indicati:
a) prova funzionale dei dispositivi di controllo dell’isolamento: sei mesi;
b) controllo, mediante esame a vista, delle tarature dei dispositivi di protezione regolabili: un anno;
c) misure per verificare il collegamento equipotenziale supplementare: tre anni;
d) prova funzionale dell’alimentazione dei servizi di sicurezza con motori a combustione:
– prova a vuoto: un mese;
– prova a carico per almeno 30 min: quattro mesi;
e) prova funzionale dell’alimentazione dei servizi di sicurezza a batteria secondo le istruzioni del costruttore: sei mesi;
f) prova dell’intervento, con Idn, degli interruttori differenziali: un anno.

Conclusioni

Possiamo simboleggiare la sicurezza di un manufatto (macchina e/o impianto) come una catena composta da quattro anelli: la sicurezza progettuale e costruttiva del prodotto, in primis e, inoltre, la corretta gestione dell’installazione, della manutenzione e dell’utilizzo.
Se si rompe anche un solo anello la catena non svolge più la sua funzione. Banale, ma, in sostanza, corretto!
Possiamo, allora, fare alcune considerazioni nel contesto della sicurezza elettrica del paziente nei locali medici e assimilati.
Se consideriamo l’insieme delle “macchine”, cioè degli apparecchi elettromedicali e degli “impianti elettrici” emerge l’intreccio strettissimo tra attività tecnica ed attività sanitaria.
L’intreccio nasce a monte delle scelte progettuali del tecnico nel momento in cui si individua e si installa l’apparecchio della tipologia necessaria alle attività sanitarie e nella classificazione dei locali stessi che, in funzione dell’attività sanitaria, devono possedere i requisiti di sicurezza accettabili.
L’intreccio coinvolge, infine, in maniera massiccia l’attività sanitaria soprattutto per quanto riguarda il corretto utilizzo dell’insieme di apparecchi ed impianti.

Non sempre l’interfaccia tra tecnici (progettista, consulenti, ditte fornitrici o di manutenzione di apparecchi elettromedicali, ecc.) e sanitari è definita e funziona in maniera soddisfacente.
I nodi operativi in cui si articola il settore tecnico sono settori ospedalieri specifici, collegati funzionalmente e/o gerarchicamente agli uffici tecnici o alla Direzione Sanitaria oppure autonomi (Ingegneria clinica, Ingegneria biomedica, ecc.) non omogenei nell’attribuzione dei compiti e delle mansioni.
Esiste un Disegno di Legge (C.799 presentato al Senato nel maggio 2008 ed attualmente in corso di esame, (assegnato alla XII Commissione Affari sociali il 10 giugno 2010) dal titolo “Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, …” che istituisce un “servizio di ingegneria clinica che garantisca l’uso sicuro, efficiente ed economico dei dispositivi medici costituiti da apparecchi e impianti, i quali devono essere sottoposti a procedure di accettazione, ivi compreso il collaudo, nonché di manutenzione preventiva e correttiva e a verifiche periodiche di sicurezza, funzionalità e qualità.
Il servizio di ingegneria clinica contribuisce alla programmazione delle nuove acquisizioni e alla formazione del personale sull’uso delle tecnologie”.
Analoga la situazione nella formazione universitaria (Medicina, ingegneria e infermieri professionali) quando esiste una offerta formativa nel settore gli iter non sono omogenei ed i programmi non sono sempre concordi.
C’è ancora molto da fare affinché questi quattro anelli rimangano saldamente intrecciati per la sicurezza e il bene del paziente.

Ing. Salvatore Campobello
Membro Comitato CEI 64