La battaglia tra committenti e installatori sulle dotazioni impiantistiche minime nelle unità abitative è ben lontana da una conclusione.
Chi sperava in un dietrofront del CEI con la pubblicazione della settima edizione della 64-8 è rimasto deluso.
I problemi generati della Variante V3 della Norma CEI 64-8 si potevano risolvere pubblicandone il contenuto come “Allegato informativo” e non normativo, una volta inglobati nel corpo della Norma; oppure introducendo un “Livello ZERO”, inteso come impianto che soddisfa solo i requisiti di sicurezza e non quelli di funzionalità indicati dal Comitato Elettrotecnico Italiano.
Questi suggerimenti, inoltrati in fase di inchiesta pubblica, non sono stati ascoltati. Ne risulta la nuova Norma 64-8 7a edizione, con leggere modifiche e qualche sconticino (come i punti presa “Jolly”). E’ così. Non ci piace? Ce la teniamo.
Il problema
La filosofia alla base del nuovo Capitolo 37 “Ambienti residenziali – prestazioni dell’impianto” è condivisibile: dare all’impianto elettrico maggiore dignità all’interno dell’unità immobiliare, istituendo dei criteri standard di classificazione dell’impianto.
Il problema segnalato quotidianamente dalle imprese installatrici è che il committente non è disposto a sostenere i costi superiori per raggiungere i requisiti minimi del livello 1. In particolare, secondo quanto risulta, vengono mal digeriti il numero di punti prese per ambiente e i due livelli di protezione differenziale.
Inoltre, se il committente chiede di spendere il meno possibile, l’installatore “virtuoso” che presenta un preventivo basato sui criteri della nuova Norma risulta più caro del concorrente che non la considera, e perde il lavoro.
La soluzione “patto in deroga” e i suoi limiti
Fatta la legge, trovato l’inganno. Già nei primi mesi del 2010, con la Variante V3 appena passata in inchiesta pubblica, iniziava a circolare la voce di un possibile modo per ignorarla: il “patto in deroga”. Sostanzialmente, un accordo tra l’installatore e il committente che, adeguatamente informato, accetta un impianto realizzato “a norma” per quanto riguarda la sicurezza e “a regola d’arte” per quanto riguarda le dotazioni.
Si ricorda a tal proposito che secondo la Legge 186/68 tutti gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte e che quelli realizzati secondo le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano a regola d’arte.
Tradotto: la legge mi obbliga a realizzare impianti “a regola d’arte”. Se lavoro secondo Norma CEI lavoro automaticamente “a regola d’arte”. Posso evitare di seguire una norma, se posso dimostrare di aver lavorato “a regola d’arte”.
Inoltre, va considerato che le leggi sono inderogabili se imperative , mentre se ciò non è espresso, sono sempre derogabili tra le parti mediante accordo scritto e l’art. 1418 del codice civile rende nullo un contratto solo se contrario a norme imperative.
Le norme imperative tutelano i valori fondamentali dell’ordinamento e gli interessi della collettività generali. La legge 186/68 è imperativa perché impone che l’impianto elettrico sia eseguito a regola d’arte per la sicurezza e la tutela dell’incolumità della collettività e degli effettivi utilizzatori, mentre non può essere imperativa per le prestazioni dell’impianto.
Ovviamente non è interesse generale e della collettività impedire che l’impianto abbia prestazioni inferiori in termini di funzionalità rispetto all’impianto ritenuto a norma.
Quindi, se per il privato che prende accordi con l’installatore il patto in deroga può essere accettabile (anche se la CNA si oppone fermamente) i limiti del patto in deroga per l’imprenditore edile sono noti. Esistono già alcune cause in corso di acquirenti che hanno comprato immobili con impianti dichiarati a norma dall’impresa ma che non rispettano i requisiti minimi per il livello 1, e anche se le cause civili non riguardano direttamente l’installatore, quest’ultimo può benissimo essere chiamato in causa.
Una possibile alternativa: le norme europee
Il patto in deroga implica per forza di cose di dover dare spiegazioni: bisogna firmare un accordo. E’ necessario informare le parti delle responsabilità descritte precedentemente, cosa non sempre semplice e che può provocare timore.
E’ davvero indispensabile o ci sono alternative? In realtà una ce la suggerisce il Decreto 37/08 all’articolo 6: “Realizzazione ed installazione degli impianti. 1. Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione Europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte“.
E’ possibile quindi, nella dichiarazione di conformità, citare il rispetto della Norma Cenelec/IEC attinente, che non ha i livelli (ad esempio la IEC 60364) ma è in generale armonizzata, ed evitare di firmare patti in deroga.
In definitiva il consiglio per l’installatore resta comunque quello di applicare, ove possibile, le prescrizioni normative del capitolo 37 della nuova 64-8, informando il committente dell’importanza dell’impianto elettrico nella casa, abituandolo a considerare un impianto ben fatto un plus per l’immobile e mantenendo questi escamotage come ultima ratio.
Ing. Luca Vitti
Direttore tecnico di Consted.com
Verificatore di impianti elettrici
Membro del Comitato AIAS C.3.3 Prevenzione Rischio Elettrico