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Il subappalto è notoriamente una formula contrattuale conosciuta dal nostro ordinamento ed ampiamente utilizzata per consentire l’ingresso nella fase di realizzazione di un’opera di uno o più soggetti terzi che procedano all’esecuzione di una parte delle attività oggetto del contratto d’appalto. C’è un aspetto talmente evidente del subappalto da apparire scontato e pertanto talvolta oggetto di scarsa attenzione nella sua applicazione pratica. Ci riferiamo al criterio di base enunciato dal Codice Civile, in base al quale l’appaltatore può dare l’opera in subappalto solo se è stato autorizzato in tal senso dal committente. Un’ovvietà, si potrebbe affermare. Ma poiché nulla è più sfuggente dell’ovvio, occorre sempre rammentare questo aspetto, altrimenti ci si potrebbe trovare in spiacevoli impasse contrattuali come avvenne ad esempio in…

Il caso del subappalto non autorizzato

Con specifico contratto di appalto, Tizio incaricava la Delta Srl di svolgere una serie di lavori di ristrutturazione dell’appartamento di sua proprietà verso un corrispettivo pattuito “a corpo” sulla base di un preventivo fornito dall’appaltatore stesso. Al termine dei lavori, tuttavia, la società presentava al committente un conto significativamente più alto, motivato – a suo dire – da una serie di ulteriori lavori svolti sulla base di richieste del cliente intervenute in tempi successivi, che avevano portato all’emissione di ulteriori preventivi. Tizio tuttavia non solo non riconosceva tali richieste in aggiunta, ma ritenendo che le opere presentassero vizi, chiedeva l’eliminazione di questi ovvero la riduzione del prezzo pattuito per incompletezza delle prestazioni eseguite. A seguito del rifiuto di procedere al pagamento, Tizio si vedeva convenuto in giudizio per il pagamento dell’opera complessiva, inclusivi dell’intervento di tale Ditta Ypsilon relativa all’esecuzione di parti di impianto elettrico, alla quale Tizio riteneva di non avere mai conferito direttamente incarico alcuno e tantomeno di avere autorizzato come subappaltatore. In particolare, Delta Srl ribatteva a Tizio che in sede di affidamento dei lavori nell’appartamento, il primo preventivo era stato realizzato in via provvisoria dopo un primo sopralluogo, procedendosi poi all’emissione di un nuovo preventivo solo una volta definiti meglio i lavori da farsi. Inoltre, Tizio avrebbe continuamente richiesto molteplici varianti in corso d’opera seppure non preventivate. Per quanto attinente al subappaltatore, questo sarebbe stato noto a Tizio, essendo acceduto al cantiere anche in presenza di questo, e pertanto si doveva ritenere quale implicitamente autorizzato. Nelle proprie difese, invece, con riferimento al tema del subappalto Tizio eccepiva la nullità del medesimo in quanto dallo stesso asseritamente mai autorizzato.

Subappalto e autorizzazione

Prima di procedere nella disamina del caso, può essere opportuno un rapidissimo ripasso degli elementi fondamentali relativi all’autorizzazione nel subappalto. Premesso che nel caso di contratti pubblici troveranno applicazione le regole di cui al DLgs. 50/2016 ove l’art. 105 prevede espressamente un’ipotesi di nullità virtuale del contratto di subappalto non autorizzato per violazione di una norma imperativa posta a tutela dell’interesse collettivo, nulla si dice invece in tal senso per quanto attiene i subappalti privati – vale a dire, quelli che oggi ci interessano. E pertanto si dovrà procedere sulla base delle indicazioni del Codice Civile e della giurisprudenza in materia. La norma “cardine” sul tema è rappresentata dall’art. 1656 c.c. (piccola curiosità: è la prima delle poche disposizioni del Codice Civile che trattino direttamente il subappalto come fenomeno contrattuale distinto dal contratto di appalto principale) che recita testualmente: “L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente”.

Piuttosto laconico, ma da questa sintetica previsione derivano numerosi effetti giuridici nelle relazioni tra le parti interessate. Vale qui notare l’utilizzo da parte del legislatore della doppia negazione (“non… non…”) quasi a rafforzare il principio che l’appaltatore resta comunque responsabile verso il committente per l’esecuzione dell’intera opera. In ogni caso, si rammenta che se la responsabilità contrattuale nei confronti del committente è esclusivamente dell’appaltatore; il subappaltatore risponde comunque degli eventuali danni verso terzi da lui causati secondo la regola generale di cui all’art. 2043 c.c.. Dal testo della norma non appaiono immediatamente chiare le conseguenze di un contratto di subappalto stipulato in mancanza di una tale autorizzazione.

Posto che già da una prima lettura della norma sembra evincersi che l’affidamento non autorizzato di una parte del lavoro ad un subappaltatore si presenti come forma di inadempienza contrattuale da parte dell’appaltatore nei confronti del committente, quale sarà la sorte del contratto di subappalto in quanto tale? Qui si confrontano diverse opinioni e punti di vista: un filone più tradizionale vorrebbe ricollegare la sanzione della nullità (relativa) al contratto, a condizione che questa sia richiesta dal committente, che potrebbe così arrestare l’ingerenza del subappaltatore nei lavori oggetto del contratto ed ovviamente agire nei confronti dell’appaltatore per violazione del contratto richiedendo il risarcimento dell’eventuale danno; per altri prevarrebbe invece la possibilità di risolvere il contratto per inadempimento del rapporto principale, oppure ancora ci si è soffermati sull’incapacità legale dell’appaltatore a stipulare il contratto non autorizzato, se non addirittura sull’ipotesi certamente meno afflittiva della semplice inefficacia (non invalidità) del subappalto nei confronti del committente principale.

Il tema, sebbene caro alla dottrina, appare essere stato poco approfondito in giurisprudenza di Cassazione. Tuttavia vi sono alcune pronunce che possono aiutare a trovare una soluzione al caso proposto. Infatti, accanto ad una posizione notevolmente risalente (correvano gli anni ’50) in linea con la tesi tradizionale della nullità relativa, troviamo oggi una soluzione più attuale (Cass.Civ. 9 luglio 2018, n. 18016) che prende invece espressamente posizione (a dire il vero senza eccessivo approfondimento del percorso logico-giuridico posto alla base della decisione) a favore del principio per cui dalla lettura dell’art. 1656 c.c. non si possa fare derivare la nullità del contratto di subappalti non autorizzato dal committente. Da qui discende che l’eccezione di Tizio in tema di nullità del contratto di subappalto non autorizzato difficilmente potrà trovare accoglimento.

Questo è solo uno stralcio dell’articolo, a firma degli avv. Tommaso Romolotti e Laura Marretta, pubblicato sul numero di giugno di GIE. Leggilo QUI.