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Progettare e realizzare a regola d’arte l’impianto elettrico degli edifici a destinazione residenziale.

Progettare e installare un impianto elettrico negli edifici a destinazione residenziale è sempre stato, nell’immaginario collettivo, sinonimo di semplicità. Gli elettrici, di fatto, lamentano che troppo spesso la complessità di questi impianti è sottovalutata e gli utenti tendono a ricorrere ai “praticoni” per eseguire i lavori piuttosto che rivolgersi a imprese abilitate e a professionisti preparati.
Questo nonostante negli ultimi decenni gli impianti elettrici sono cambiati. Accendere la luce o alimentare gli elettrodomestici non sono più l’unica prerogativa dell’impianto elettrico. Sempre più spesso, infatti, soprattutto per effetto delle richieste che giungono da parte delle nuove generazioni avvezze a vivere in un mondo connesso, anche nel settore residenziale è cresciuta la domanda di impianti più complessi. D’altra parte, la pandemia ha insegnato che le case non sono più solo l’oasi di riposo e di convivialità familiare, ma anche luogo di studio e di lavoro. Lo Smart working è una delle conseguenze felici di questo triste periodo. Per questo motivo, quando mi accingo a parlare di impianti elettrici negli edifici civili, prendo ad esempio il contrasto che c’è fra l’impianto elettrico di qualche anno fa (quello purtroppo percepito ancora da molti progettisti e impiantisti) e l’impianto elettrico reale richiesto dal committente (o almeno quello che dovrebbe essere nel suo immaginario e nelle intenzioni).
I due “modelli” sono ben sintetizzati da due figure: la prima, tratta dalla seconda edizione della Guida CEI 64-50 (aprile 1998), rappresenta l’impianto elettrico “tradizionale” ovvero quello pensato esclusivamente per comandare i punti luce e portare energia agli elettrodomestici; la seconda, tratta dalla Parte 8.2 dell’ottava edizione 2021 della Norma CEI 64-8, è quella dell’impianto elettrico dei Prosumer, con le nuove funzionalità ormai presenti nella maggior parte delle case degli italiani.

Figura 1: Esempio di schema di distribuzione per unità abitativa da 40 a 150 m2

Figura 2: Esempio di impianto elettrico a bassa tensione di un utente attivo.

Sempre più spesso, infatti, l’impianto elettrico di bassa tensione si compone della sezione tradizionalmente dedicata all’alimentazione di apparecchi utilizzatori, dispositivi domestici, illuminazione, radiatori e motori, e di una nuova sezione dedicata al collegamento della produzione locale di energia elettrica e dal sistema di accumulo. Passando per la mobilità elettrica e le pompe di calore.
Per quanto riguarda la generazione diffusa, soprattutto da fonte rinnovabile, come è noto, tutto è cominciato una quindicina di anni fa con le campagne di incentivazione dell’energia prodotta da fonte solare (Conto Energia) e continua oggi per effetto degli obblighi di produzione imposti dal Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28 “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE” (nuove costruzioni e ristrutturazioni rilevanti) e dalla crisi russo-ucraina.
Non si tratta dell’unico fenomeno che interessa gli impianti elettrici negli edifici ad uso residenziale. Durante l’emergenza pandemica, come detto, gli uffici si sono trasferiti nelle abitazioni, con la conseguente necessità di connettività alle aziende tramite la rete Internet (condivisione di documenti, call e chat, webinar) e di nuove esigenze elettriche, come l’individuazione di una postazione di lavoro stabile e sicura. Figlia della pandemia è anche l’inaspettata crescita della mobilità elettrica, l’incremento delle vendite di veicoli elettrici (a batteria o ibridi plug-in) grazie anche all’introduzione degli incentivi istituiti per rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti nel settore dei trasporti. In ultimo, esperienza in atto già da qualche anno, ma amplificata con l’aumento dei costi del gas a seguito del conflitto russo in Ucraina, l’incremento dei sistemi di accumulo connessi all’installazione di un impianto di produzione di energia elettrica, generalmente un impianto fotovoltaico.
Nell’ottica dell’elettrificazione dei consumi ovvero il progressivo utilizzo dell’elettricità da fonti rinnovabili per favorire la riduzione della CO2 e contrastare gli effetti sul clima e sulla salute, poi, molti hanno convertito gli utilizzi energetici da fonti tradizionali (gas metano principalmente) a favore di tecnologie elettriche come i piani ad induzione, le pompe di calore per la climatizzazione estiva e/o il riscaldamento invernale e, lo abbiamo già detto, la mobilità sostenibile. Il processo è essenziale per la transizione energetica, il che significa che a fronte di interventi di risparmio energetico e di ottimizzazione dei consumi (si pensi, ad esempio, alla sostituzione degli elettrodomestici con quelli di classe energetica più alta o ai sistemi LED al posto dell’illuminazione con lampade a incandescenza o delle lampadine fluorescenti compatte – CFL), oggi l’impianto elettrico è chiamato a gestire nuovi utilizzi.
I più ricorderanno che da tempo le norme tecniche segnalavano questa necessità. Non a caso ho citato la Guida CEI 64-50 nata con lo scopo di “fornisce informazioni relative alla realizzazione degli impianti elettrici utilizzatori, degli impianti ausiliari e degli impianti telefonici negli edifici destinati ad uso prevalentemente residenziale, con particolare riferimento alla loro integrazione nella parte edile ed alla loro coesistenza con gli altri impianti tecnici”. Già nella prima edizione del 1995, la guida forniva le indicazioni sulla consistenza minima consigliata per gli impianti elettrici utilizzatori.
Un altro esempio in questa direzione è rappresentato dalle guide della serie 64-100 che si preoccupano di fornire “le caratteristiche che devono avere i tubi e gli spazi necessari ad una corretta ed agevole installazione degli impianti nell’ambito dell’edilizia ad uso prevalentemente residenziale” (Guida CEI 64-100/1).
Per le comunicazioni elettroniche negli edifici residenziali, infine, la Guida CEI 306-2 fornisce “le raccomandazioni per la progettazione, la realizzazione e la verifica di impianti di comunicazioni elettroniche (dati, fonia, video) e la relativa infrastruttura fisica multiservizio passiva, a partire dal punto di consegna della fornitura in unità immobiliari ad uso residenziale”.

Norma CEI 64-8
Le prestazioni dell’impianto elettrico in ambito residenziale, insieme alla sicurezza delle persone e dei beni contro i pericoli ed i danni che possono derivare dall’utilizzo degli impianti elettrici rientrano fra i requisiti definiti dalla Norma CEI 64-8 per definire un impianto a regola d’arte.
Da molti anni, infatti, (variante V3 – febbraio 2011) oltre a definire le i principi fondamentali ai fini della progettazione ed esecuzione di un impianto elettrico secondo criteri di sicurezza e di funzionalità, la norma si preoccupa anche di fornire prescrizioni addizionali, ai fini delle prestazioni, da applicarsi agli impianti elettrici di unità immobiliari ad uso residenziale.
Come noto, il Capitolo 37 fornisce i criteri minimi e le dotazioni minime con riferimento a tre diversi livelli prestazionali e di fruibilità. Il Livello 1 (requisito minimo obbligatorio) è il livello base previsto per gli impianti elettrici; il Livello 2 prevede una maggiore fruibilità dell’impianto elettrico con l’installazione di dispositivi per la protezione e la sicurezza, nonché il controllo dei consumi; il Livello 3, infine, include dotazioni impiantistiche ampie ed innovative (domotica con almeno quattro funzioni) a beneficio del risparmio energetico, l’accessibilità e il comfort.

Figura 3: Norma CEI 64-8 – Livelli prestazionali e di fruibilità.

Le dotazioni impiantistiche (Tabella A del Capitolo 37) sono riferite agli ambienti interni all’unità immobiliare (ad esempio: cucina, locale da bagno o doccia, box auto) e all’intero appartamento (numero circuiti, protezione contro le sovratensioni, comunicazione elettronica, illuminazione di sicurezza, funzioni ausiliarie, comfort ed efficienza energetica).
La novità forse più importante della nuova edizione della Norma CEI 64-8 (in vigore dal 1° dicembre 2021) riguarda il dimensionamento dell’impianto elettrico per una potenza contrattualmente impegnata di almeno 6 kW, in linea con quanto previsto dall’ARERA nella regolamentazione sperimentale in materia di ammodernamento delle colonne montanti vetuste degli edifici (Delibera 467/2019/R/eel).
Nell’ottica dell’elettrificazione dei consumi, inoltre, il Capitolo 37 modifica il diametro minimo dei tubi di forma circolare portandolo a 25 mm per montanti e dorsali e a 20 mm per i tratti terminali, nel rispetto del requisito del diametro interno minimo almeno pari a 1,5 volte il diametro del cerchio circoscritto al fascio di cavi destinati a contenere.
Anche per le cassette di derivazione è richiesto un maggior spazio libero per consentire futuri ampliamenti (circa il 30% del volume), spazio richiesto anche per i quadri (spazio del 30% di moduli in più con un minimo di 2 moduli).
Per l’alimentazione dei circuiti che alimentano lavatrici e/o condizionatori fissi, inoltre, la norma raccomanda l’utilizzo di interruttori differenziali di Tipo F (nella versione precedente la norma consigliava gli interruttori di Tipo A).
Come accennato, quanti, accanto alle prescrizioni per la protezione delle persone (contatti diretti e contatti indiretti), alla protezione contro le sovracorrenti e le sovratensioni, la Norma CEI 64-8 definisce livelli prestazionali per gli impianti elettrici civili che, nel caso degli impianti più all’avanguardia corrispondono al Livello 3 (domotico).
Doveroso, però, dare uno sguardo anche alla Parte 8.2 che, come accennato, riguarda i PEI (Prosumer’s low-voltage Electrical Installations). Questa parte della Norma CEI 64-8, infatti, fornisce prescrizioni, misure e raccomandazioni aggiuntive relative alla progettazione, l’installazione e la verifica degli impianti elettrici a bassa tensione, includendo gli impianti per la produzione e l’accumulo di energia (impianti elettrici per utenti attivi), di cui la precedente Figura 2 fornisce una panoramica.
È solo il caso di ricordare che sono in atto interventi legislativi volti allo sviluppo della condivisione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili fra utenti, con lo scopo – tra l’altro – di ridurre i costi dell’energia elettrica e aumentare l’efficienza energetica (autoconsumo collettivo e le comunità energetiche). Il tutto nell’ottica dello sviluppo dell’energia prodotto in loco (energia a chilometro zero) e delle smart grid.
L’autoconsumo collettivo, ricordo, offre la possibilità di accedere ai benefici per la produzione di energia da fonte solare fotovoltaica: più soggetti (condomini, aziende e/o soggetti pubblici) condividono l’energia elettrica prodotta da uno o più impianti fotovoltaici situati nel medesimo luogo. Una comunità energetica rinnovabile (Direttiva Europea 2018/2001/UE), invece, è un’associazione tra cittadini, attività commerciali, amministrazioni locali o imprese per la produzione (anche per mezzo di più impianti di produzione condivisi) dell’energia necessaria ai propri fabbisogni energetici (autoconsumo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili), superando il vincolo della coincidenza con il sito di produzione. I limiti in fase di definizione, ma si prevede il possibile superamento del collegamento degli utenti della comunità energetica alla medesima cabina secondaria del distributore.

Norma CEI 64-21
Di prescrizioni da applicarsi agli impianti elettrici di unità immobiliari ad uso residenziale si occupa anche la Norma CEI 64-21. La norma si rivolge agli impianti elettrici situati all’interno dei condomini o di unità abitative mono o plurifamiliari, adeguati all’utilizzo da parte di persone con disabilità o specifiche necessità (PNA).
Nel caso specifico, si tratta di prescrizioni (criteri e dotazioni minime) che sostituisco quelle indicate dal Capitolo 37 della Norma CEI 64-8, rispondenti a richieste specifiche del committente.
La platea a cui è rivolta la norma riguarda persone di età avanzata (D1), con difficoltà motoria (D2 e D3), con problemi di percezione visiva (D4 e D5) o di sordità (D6 e D7), con incapacità o difficoltà a parlare (D8) o con difficoltà cognitive (D9). Scopo è favorire l’uso dell’impianto elettrico garantendo l’indipendenza delle persone circa l’utilizzo dei componenti elettrici.
Le dotazioni impiantistiche previste per ciascuna tipologia (PNA specifica) sono indicate nella Tabella A della Norma CEI 64-21 e riguardano: punto di consegna, quadro dell’unità abitativa, gestione accessi, illuminazione, gestione termina e allarmi, assistenza e continuità del servizio (continuità dell’energia e controllo dei carichi).
Come la Norma CEI 64-8, anche per queste unità abitative, la Norma CEI 64-21 indica l’opportunità di prevedere il dimensionamento dell’impianto elettrico in modo che sia possibile installare cucine elettriche (ad esempio i piani di cottura ad induzione).
Per simmetrica con quanto indicato al Capitolo 37, pertanto, è consigliabile dimensionare anche questo impianto elettrico per una potenza contrattualmente impegnata di almeno 6 kW.
Naturalmente, data la specificità degli utilizzatori di questi impianti, molte indicazioni che troviamo riguardano l’altezza dei componenti elettrici dal piano di calpestio. Ad esempio, il centro del quadro dell’unità abitativa dovrà essere posizionato ad una altezza compresa tra 0,75 m e 1,4 m dal piano di calpestio, mentre il comando degli interruttori non dovrà trovarsi ad una altezza superiore a 1,4 m dal piano di calpestio (Capitolo 5).
La Norma CEI 64-21, inoltre, ricorda che le prescrizioni si possono applicare agli impianti delle unità abitative negli edifici pregevoli per arte e storia, soggetti al Decreto Legislativo 42/2004 qualora non abbiano impatto sulle strutture oggetto di tutela e non siano in contrasto con le prescrizioni specifiche per tali impianti.

DM 14 giugno 1989, n. 236
Concludo ricordando che quote installative delle apparecchiature per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche sono indicate anche nel DM 14 giugno 1989, n. 236.
Le norme si applicano, in particolare a:
1) edifici privati di nuova costruzione, residenziali e no, compresi quelli di edilizia residenziale convenzionata;
2) edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata, di nuova costruzione;
3) ristrutturazione degli edifici privati di cui ai precedenti punti 1) e 2), anche se preesistenti alla entrata in vigore del decreto;
4) spazi esterni di pertinenza degli edifici di cui ai punti precedenti.
Il decreto ha introdotto tre livelli di fruibilità degli edifici:
– Accessibilità, che esprime il più alto livello in quanto ne consente la totale fruizione nell’immediato;
– Visitabilità che rappresenta un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari;
– Adattabilità che propone un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria previsione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è, pertanto, un’accessibilità differita.
Secondo quanto previsto dalle norme del DM 236/1989, l’accessibilità deve essere garantita agli spazi esterni e alle parti comuni degli edifici. Devono, inoltre, essere accessibili:
– almeno il 5% degli alloggi previsti negli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata (min. 1 unità immobiliare);
– gli ambienti destinati ad attività sociali, come quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive;
– gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio.
Non basta. Secondo le previsioni del decreto, ogni unità immobiliare, qualsiasi sia la sua destinazione, deve essere visitabile. Negli edifici residenziali non compresi nelle precedenti categorie (punti da 1 a 4 del precedente alinea) il requisito di visitabilità si intende soddisfatto se il soggiorno o il pranzo, un servizio igienico ed i relativi percorsi di collegamento interni alle unità immobiliari sono accessibili.

Figura 4: Quote installative delle apparecchiature per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche.

 

Antonello Greco
Presidente CEI CT64