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Può purtroppo accadere che un impianto elettrico scorrettamente realizzato o male mantenuto possa essere all’origine di un incendio. Il fatto è ben noto sia agli operatori di settore che (soprattutto) alle autorità normative e regolamentari, motivo per cui il tema della prevenzione incendi è giustamente presidiato da norme tecniche di settore volte a garantire la sicurezza – un tema di fondamentale importanza cui infatti è dedicato questo numero della Rivista che stiamo leggendo.

Ma nella denegata ipotesi in cui un incendio si dovesse verificare nel contesto di locali oggetto di locazione, ed il fatto fosse da attribuirsi a criticità proprie dell’impianto elettrico, a chi verrà attribuita la relativa responsabilità nella relazione civilistica tra proprietario dell’immobile ed inquilino? Il tema è di non secondaria importanza non solo per quanto attiene la relazione tra detti soggetti, ma anche con riferimento ai rapporti che questi avranno con terze parti, tra le quali compagnie di assicurazione e… installatori. È pertanto opportuno cercare di comprendere i criteri posti dalla normativa a fondamento di detta responsabilità, al fine di avere un quadro generale completo e potervicisi orientare senza commettere errori, come accadde in…

Il caso dell’incendio nell’immobile locato

Tizia aveva preso in locazione un immobile di proprietà di Caio, sito in un’area turisticamente interessante, per destinarlo all’esercizio di un’attività di Bed and Breakfast. Sfortunatamente, in uno dei locali dell’immobile stesso si era sviluppato un incendio che aveva quindi coinvolto l’immobile intero, tanto da danneggiarne le strutture murarie e distruggere tutti gli arredi ivi presenti. Di fronte all’impossibilità di procedere con la propria attività di accoglienza dei turisti, Tizia considerava il rapporto contrattuale quale definitivamente estinto e conseguentemente la restituzione della somma precedentemente corrisposta a Caio a titolo di deposito cauzionale.

Caio quale proprietario dell’immobile, tuttavia, lungi dal volere restituire la cauzione, deduceva l’imputabilità dell’incendio a fatto e colpa della conduttrice Tizia e pertanto non solo si rifiutava di restituire la cauzione da quest’ultima versata, ma chiedeva inoltre il risarcimento dei danni conseguenti all’incendio – a suo dire attribuibile a responsabilità della stessa.

In particolare, Caio basava la propria richiesta sul disposto dell’art. 1588 c.c. in tema di perdita e deterioramento della cosa locata, ove si prevede che “il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile” e che “è pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa” (quest’ultima previsione appare di particolare rilievo quando si pensa che l’attività svolta da Tizia era di Bed & Breakfast, fatto che necessariamente implica l’uso parziale del bene anche da parte di terzi).

Alla ricerca del certificato perduto…

… o, piuttosto, mai rilasciato. Nel corso del confronto giuridico che ne derivava, infatti, mentre non emergeva alcuna prova in merito al fatto che l’innesco potesse attribuirsi a fatto e colpa della conduttrice, si doveva invece prendere atto del fatto che che il bene locato risultava privo delle certificazioni di legge ed in particolare della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico.

Il fatto risulta di non poca rilevanza, in quanto la cosa locata deve essere mantenuta in stato da servire all’uso convenuto: più precisamente, l’ art. 1575 relativo alle obbligazioni principali del locatore prevede che “il locatore deve: 1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) mantenerla in stato da servire all’uso convenuto; 3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione”.

Appare difficile immaginare che consegnare un immobile privo della dichiarazione di conformità sia coerente con il rispetto di tali previsioni, specialmente se poi l’impianto elettrico si rivela la probabile fonte di un incendio. Infatti, circa le cause di quest’ultimo, i tecnici incaricati degli approfondimenti rilevavano come l’evento fosse riconducibile all’effettiva mancanza di conformità dell’impianto elettrico alla regola d’arte, con il conseguente surriscaldamento dei cavi elettrici propri di un impianto sovradimensionato rispetto a quello normalmente presente nelle abitazioni.

Tizia deve provare la sua assenza di colpa?

Caio, tuttavia, insiste: la conduttrice Tizia non ha fornito la prova che le cause dell’incendio fossero dipese da cause a lei non imputabili. Come possiamo valutare questo elemento? Nel caso descritto, in altri termini, su Tizia graverebbe comunque un onere probatorio al fine di dimostrare la propria mancanza di colpa?
Per trovare una risposta ci viene in soccorso la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità. Questa fa notare che, tenendosi conto degli accertamenti effettuati per cui può ritenersi raggiunta la prova positiva dell’attribuibilità delle cause dell’incendio alla mancata conformità dell’impianto elettrico a regola d’arte e al sovradimensionamento del medesimo, si deve considerare eliso il presupposto di cui all’art. 1588 c.c. e pertanto l’obbligo di custodia dell’immobile per quanto di rilevanza si è venuto a consolidare in capo al locatore, che ne rimane responsabile.

Tizia pertanto è da considerarsi sollevata da ulteriori oneri probatori, posto che si è dimostrato che il locatore aveva fornito un immobile privo delle certificazioni necessarie per un impianto elettrico, e che proprio dall’erronea realizzazione di questo erano derivate le cause che avevano dato origine all’incendio.

La massima

Il tema qui rappresentato in termini giuridici può comprensibilmente apparire alquanto complesso. Di conseguenza, ispirandoci alla Corte di Cassazione possiamo cercare di trarre una massima, nei termini che seguono: “L’art. 1588 c.c., in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’evento, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico”.
La presunzione di colpa a carico del conduttore è pertanto superabile laddove si possa dimostrare che il fatto si è verificato per una causa a lui non imputabile. A maggior ragione se – come nel caso qui illustrato – la colpa può essere attribuita al locatore.

Conclusioni

Il tema oggetto del presente articolo è certamente interessante per l’installatore, in quanto propone i criteri per la corretta identificazione del soggetto responsabile in caso d’incendio dovuto all’erronea realizzazione di un impianto elettrico. Beninteso, il caso rappresentato mira ad attribuire le reciproche responsabilità nella relazione tra proprietario dell’immobile ed il conduttore dello stesso, e deve essere considerato limitatamente a tale profilo. In altri termini, nulla qui si dice in merito alle responsabilità dell’installatore che aveva realizzato un impianto non conforme alla regola dell’arte, sovradimensionato e senza neppure rilasciare la dichiarazione di conformità – elemento quest’ultimo che è una diretta conseguenza dell’effettiva inadeguatezza dell’impianto rispetto alle norme di riferimento. Tanto è vero che è andato a fuoco. Volendo trarre un insegnamento ulteriore da quanto sopra illustrato, si può riflettere sull’importanza che nel nostro ordinamento riveste la corretta realizzazione di un impianto secondo i principi della regola d’arte e delle disposizioni tecnico-normative applicabili. Perché il sistema giuridico è tale da consentire comunque l’attribuzione puntuale delle relative responsabilità. Tra installatore, locatore, e conduttore.

Approfondimenti
Il caso è liberamente ispirato all’ordinanza della Corte Cassazione, Sez. VI, del 6 febbraio 2023, n. 3489

(l’articolo è degli AVV. Tommaso Romolotti e Laura Marretta)