Ultime news

Già in passato ci siamo soffermati sulle tematiche relative alle implicazioni giuridiche ed operative attinenti a quelle situazioni in cui l’installatore elettrico interviene in un cantiere con il ruolo di subappaltatore. Come noto, il processo contrattuale in tali ipotesi prevede l’esistenza di un committente il quale incarica un’impresa appaltatrice di eseguire un’opera con organizzazione propria (art. 1655 c.c.) e tale soggetto, a sua volta – laddove debitamente autorizzato dal committente – procede ad assegnare ad un terzo l’esecuzione di parte dell’opera stessa.

Lo schema classico del subappalto prevede di conseguenza l’esistenza di due distinti rapporti giuridici: il primo, tra committente ed appaltatore, ed il secondo (derivato ma indipendente dal precedente) tra appaltatore (che assume il ruolo di sub-committente) ed il subappaltatore. Con la conseguenza che (quantomeno nel contesto privatistico) tra committente originario e subappaltatore non si vengono a creare relazioni giuridiche dirette.

Fino a questo punto, il processo così delineato appare sostanzialmente lineare. I problemi (tra le altre ipotesi) possono venire a crearsi nel caso in cui il committente dovesse lamentare dei vizi che l’appaltatore ritenesse in realtà dovuti ad inadempimento del subappaltatore, nei confronti del quale vorrà pertanto esercitare azione di regresso. Ma quali sono i termini di decadenza e prescrizione previsti dalla normativa in tal senso? E quali sono le modalità per il corretto esercizio dell’azione? Temi questi cui prestare notevole attenzione, come ben ci illustra…

Il caso della mancata comunicazione

Tizio e Caia, coniugi in regime di comunione dei beni, incaricarono con regolare contratto d’appalto la ditta Alfa per l’esecuzione di opere di ristrutturazione su di un immobile da loro acquistato. Con espresso consenso dei committenti, Alfa assegnò quindi in regime di subappalto l’esecuzione delle opere relative all’impianto elettrico all’impresa di installazione Gamma.

Purtroppo, in tempi successivi Tizio e Caia dovettero rilevare una serie di criticità che si erano nel frattempo venute a verificare nell’immobile, segnalandolo più volte nel corso degli anni seguenti e ottenendo solo sporadici interventi volti alla parziale rimozione dei vizi ma senza che si potesse pervenire ad un risultato conclusivo – tanto che le ultime denunce presentate restavano del tutto senza riscontro. Di conseguenza, a seguito di accertamento tecnico preventivo che aveva riconosciuto l’esistenza di gravi difetti costruttivi, decisero di esercitare l’azione di garanzia nei confronti dell’azienda appaltatrice. Impresa che eccepiva immediatamente il superamento dei termini di decadenza e prescrizione (le prime doglianze dei committenti risalivano infatti a cinque anni prima) e che comunque, rilevando che parte delle contestazioni atteneva le opere assegnate al subappaltatore Gamma, chiamava in causa quest’ultimo a titolo di manleva.

Il subappaltatore, tuttavia, una volta convenuto in giudizio non solo negava di aver eseguito in modo negligente i lavori, ma deduceva anche di non aver mai ricevuto denunce al riguardo, chiedendo pertanto che venisse riconosciuta conseguente decadenza di Alfa per il mancato esercizio del regresso nei 60 giorni dalla ricezione della denuncia per come previsto dalla normativa applicabile. Inoltre, contestava l’infondatezza della domanda sostenendo che i vizi lamentati avrebbero dovuto essere collegati ad omesse manutenzioni o a manomissioni ad opera di terzi. Una situazione certamente complessa, che per essere risolta in termini di diritto deve essere affrontata per fasi distinte.

Riconoscimento del vizio ed effetti sulla prescrizione

Occorre immediatamente rilevare sul punto che i committenti non hanno esercitato né il diritto alla risoluzione del contratto né alla riduzione del prezzo, ma hanno inteso agire per l’esatto adempimento dell’obbligo di garanzia attraverso l’esecuzione delle opere necessarie all’eliminazione dei vizi. In tale contesto, la società appaltatrice avrebbe implicitamente riconosciuto – mediante l’esecuzione di opere finalizzate alla loro eliminazione – l’esistenza di tali vizi, sebbene avendo eccepito la decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia e avendone contestato l’esistenza. Il che vale a dire che l’appaltatore pur negando l’esistenza dei vizi e la tempestività della relativa segnalazione, si era comunque attivato per la rimozione degli stessi, riconoscendone così nei fatti l’esistenza.

Il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di Cassazione per questo tipo di casi, prevede che laddove l’appaltatore, attivandosi per rimuovere i vizi denunciati dal committente, tenga una condotta che costituisce tacito riconoscimento di quei vizi, essa – pur senza novare l’originaria obbligazione gravante sull’appaltatore – abbia l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 c.c. (i.e. denuncia entro 60 giorni dalla scoperta ed azione entro due anni dalla consegna). Di conseguenza, se si ritiene sussistente il riconoscimento implicito dei vizi da parte della società appaltatrice con riguardo alle doglianze dei committenti, se ne deve trarre come conseguenza l’operatività del termine ordinario di prescrizione decennale (cfr. Cassazione n. 6362/2012) e pertanto ritenere quale tempestiva l’azione esercitata da Tizio e Caia – con la derivante responsabilità di Alfa per i difetti accertati. Ma in questo contesto, come si pone l’installatore subappaltatore?

Subappaltatore e comunicazione della denuncia dei vizi

Ammesso e non concesso che il riconoscimento implicito dei vizi da parte dell’Appaltatore Alfa nel caso di specie ne comporti la condanna in termini di garanzia, resta da comprendere se questi potrà rivalersi su Gamma quale subappaltatore, pur non avendo effettuato in termini formali la comunicazione prevista dall’art. 1670 c.c.

Ci si dovrà pertanto chiedere se in presenza di tale riconoscimento tacito dei vizi, tale condotta possa esimere l’appaltatore dal provvedere alla comunicazione della denuncia entro il termine di 60 giorni al subappaltatore, conservando così ugualmente il diritto ad esercitare il regresso nei suoi confronti a seguito del positivo esperimento dell’azione di garanzia da parte del committente.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ai fini dell’ammissibilità dell’esercizio dell’azione di regresso nei confronti del subappaltatore, l’appaltatore avrebbe dovuto comunque provvedere alla tempestiva comunicazione della denuncia del committente, non potendo avere alcuna efficacia scriminante il sopravvenuto riconoscimento dei vizi da parte del solo appaltatore.

Infatti, l’appaltatore è tenuto a denunciare tempestivamente al subappaltatore i vizi o le difformità dell’opera a lui contestati dal committente e, prima della formale denuncia di quest’ultimo, non ha interesse ad agire in regresso nei confronti del subappaltatore, atteso che il committente potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi, non denunciare mai i vizi occulti oppure denunciarli tardivamente.

Inoltre,  la denuncia effettuata dal committente direttamente al subappaltatore non è idonea a raggiungere il medesimo scopo di quella effettuata dall’appaltatore ai sensi dell’art. 1670 c.c., dovendo tale comunicazione provenire dall’appaltatore o da suo incaricato e non da terzi (tra cui rientra anche il committente – appaltante principale, proprio in virtù dell’autonomia tra i rapporti di appalto e di subappalto sono autonomi.

Di conseguenza, l’eventuale riconoscimento, anche in forma implicita, dei vizi dell’opera da parte dell’appaltatore risulta ininfluente con riferimento agli obblighi di comunicazione previsti da Codice Civile, laddove questo impone che non solo il destinatario, ma anche la fonte della dichiarazione si identifichino con i soggetti sulle cui sfere giuridiche gli effetti legali impeditivi della decadenza, sono destinati a prodursi.

La massima

Dal caso descritto possiamo trarre, con l’aiuto della giurisprudenza della Corte di Cassazione, una massima formulabile nei termini che seguono: “ai fini dell’esercizio dell’azione di regresso nei confronti del subappaltatore, l’appaltatore deve comunque provvedere alla tempestiva comunicazione della denuncia ricevuta da parte del committente ai sensi dell’art. 1670 c.c., non potendo sortire alcuna efficacia scriminante il sopravvenuto riconoscimento dei vizi da parte della sola società appaltatrice”.

Approfondimenti
Il caso è liberamente ispirato all’ordinanza Cassazione civile, sez. II, n. 6192 del 5 marzo 2021.

(Testo di Tommaso Romolotti e Laura Marretta)