A differenza dei comuni pannelli solari termici per la generazione di acqua calda per usi domestici (con temperature inferiori a 95 °C), questa tipologia di impianto genera medie ed alte temperature (fino a 600 °C) permettendone l’uso in applicazioni industriali per la generazione di elettricità e/o come calore di processo per usi industriali.
Deve il suo nome al fatto che, oltre alla captazione di energia solare già presente nei comuni impianti solari termici, aggiunge un ciclo termodinamico (Ciclo Rankine) per la trasformazione dell’energia termica in energia elettrica tramite turbina a vapore come anche avviene nelle comuni centrali termoelettriche.
Principio di funzionamento
Degli specchi parabolici concentrano la luce diretta del sole su un tubo ricevitore posto nel fuoco del paraboloide. Dentro il tubo scorre un fluido (detto fluido termovettore perché adatto ad immagazzinare e trasportare calore), che assorbe l’energia e la trasporta in un serbatoio di accumulo, necessario se si vuole supplire ai momenti di scarsa o nulla insolazione (come la notte).
In ogni caso, con le attuali tecnologie, è necessario il sostegno di una fonte non rinnovabile per garantire il continuo funzionamento della turbina nelle ore notturne o di mancanza di sole.
L’accumulo è in contatto termico con uno scambiatore di calore, che attraverso una caldaia genera vapore; questo viene utilizzato per muovere delle turbine collegate a sua volta a degli alternatori per produrre corrente elettrica. Il fluido termovettore può essere ‘olio diatermico’ (centrali di 1° generazione) oppure, secondo gli ultimi sviluppi di questi anni, una miscela di sali che fondono alle temperature di esercizio della centrale e per questo detti ‘sali fusi’ (centrali di 2° generazione).
La temperatura più alta raggiunta dai sali fusi rispetto all’olio consente una migliore resa energetica finale grazie alla possibilità di accoppiamento con centrali a ciclo combinato più efficienti che lavorano a temperature più alte. Una volta ‘catturata’ l’energia del Sole (sorgente) il processo di produzione ovvero conversione in energia elettrica è quindi del tutto analogo, se non identico, a quanto avviene in una comune centrale termoelettrica.
In generale può essere definita un’efficienza di captazione degli specchi rispetto all’energia solare totale incidente, un’efficienza di conversione del calore captato in energia elettrica (sempre minori dell’unità) e un’efficienza totale rispetto alla fonte primaria di energia che si ottiene come prodotto delle due precedenti.
Gli specchi concentratori sono automatizzati in modo da inseguire costantemente il Sole nel suo moto apparente in cielo ottimizzando così la resa di captazione solare durante l’intero arco della giornata. L’abbassamento verso terra dello specchio durante la notte consentirebbe anche l’eventuale pulizia della superficie contro l’accumulo di polveri. Sono possibili anche analoghe centrali solari con specchi riflettenti piani non parabolici che riflettono e concentrano l’energia solare su una torre solare, posta al centro dell’impianto, su cui scorre il fluido termovettore e perciò dette centrali solari a torre.
Solare termodinamico ed occupazione
Dallo sviluppo di una filiera del solare termodinamico si potrebbero generare 50mila nuovi posti di lavoro, senza contare il contributo al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020.
Lo ha sottolineato l’Anest (Associazione nazionale energia solare termodinamica) durante un’audizione presso la Commissione Ambiente del Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle problematiche relative alle fonti di energia alternative e rinnovabili. Il presidente di Anest, Cesare Fera, ha illustrato ai senatori i principali vantaggi di questa tecnologia, in particolare la possibilità dell’accumulo e stoccaggio di energia, con la modulazione della trasmissione. In questo modo, il solare termodinamico consente il superamento del problema dei picchi di offerta non supportati dalla rete, con conseguente spreco di energia, problema che finora si era rivelato comune tra le fonti di energia alternative e rinnovabili.
Una filiera in Italia, ha spiegato il presidente di Anest, è già presente una filiera di aziende produttrici dei componenti necessari alla realizzazione degli impianti termodinamici. “L’obiettivo che l’Italia dovrebbe porsi – ha detto Fera – è quello di avere una verticalizzazione della filiera, che parta dalla produzione di componenti e cresca realizzando impianti nel territorio, attraverso i quali abbattere i costi e potersi presentare sul mercato estero con una buona tecnologia testata sul campo a costi competitivi”.
Le proposte di Anest
Per poter centrare questo obiettivo, l’Anest ha chiesto che le istituzioni sostengano adeguatamente il settore, in particolare con l’estensione della scadenza degli incentivi dal 2012 al 2015 e supportando l’installazione di impianti di piccola taglia, anche ibridizzati con altra fonte rinnovabile: ciò permetterebbe di completare l’installazione dei circa 200 MW di potenza già previsti nello schema di incentivi impiegando tecnologia italiana. Tra le sue proposte, l’Associazione chiede un supporto governativo alle iniziative di promozione della tecnologia italiana in Paesi esteri, l’introduzione di un sistema di incentivazione premiante per impianti di cogenerazione elettricità/calore-freddo e un’incentivazione premiante per gli impianti a terra sospesi, che permettano la coltivazione del suolo sottostante.
Nuova occupazione e obiettivi 2020
“Se queste condizioni si realizzeranno – ha aggiunto Fera – entro i prossimi 10 anni l’Italia potrebbe raggiungere una potenza installata tra i 3.000 e i 5.000 MW.
Considerando che le ore equivalenti del termodinamico sono più o meno doppie rispetto al fotovoltaico, questa tecnologia potrà dare un contributo sostanziale e forse determinante al raggiungimento dell’obiettivo indicato dall’Unione Europea del 17% di energia nazionale prodotta da fonti rinnovabili. In aggiunta, se l’Italia saprà sviluppare la sua filiera produttiva, cosa di cui ad oggi ci sono tutte le condizioni – ha sottolineato Fera – il solare termodinamico porterà nel nostro Paese nuova occupazione compresa tra 30.000 e 50.000 unità.
Nella corsa mondiale verso questa tecnologia, l’Italia può arrivare ai primi posti nello sviluppo della filiera industriale: il solare termodinamico – ha concluso il presidente di Anest – può essere per noi l’opportunità che i francesi hanno colto nel nucleare e tedeschi e danesi nell’eolico”.