Concentrare la luce solare con una lente fino a duecento volte e, con un sistema di microspecchi, spezzarla in quattro colori. Inviarli mirati su altrettante celle fotovoltaiche specializzate solo su quei colori, e capaci di convertirli in elettricità. Ma, proprio perché specializzate, celle costruite con materiali a basso costo, in film sottile. Con il minimo ricorso al silicio iperpuro o a costosissimi cristalli di gallio o germanio.
Risultato: una parabola fotovoltaica, grande quanto un grosso disco satellitare, che già oggi, nei primi prototipi dell’Università di Ferrara, converte luce in energia al tasso del 40 per cento. Ma, entro tre o quattro anni, arriverà alla produttività record del 50%, con costi di produzione nettamente inferiori alle celle solari in silicio o in arseniuro di gallio. Bilancio: produttività record combinate a costi bassi, quindi il mix ottimale per sfondare il muro del suono del solare. Ovvero energia elettrica rinnovabile competitiva (e in futuro persino meno costosa) di quella da fonti fossili, petrolio, gas o carbone che siano.
Questo è, all’osso, l’identikit di SuntoGrid, il maggior progetto italiano nel fotovoltaico presentato oggi durante la sei giorni del fotovoltaico europeo in corso a Milano, e che vede duemila partecipanti anche dall’Asia e dagli Usa.
Sarà quindi l’Italia la protagonista del fotovoltaico di terza generazione, capace di superare, in economicità, anche l’elettricità da fonti fossili?
Può sembrare incredibile, in un industria in fortissima espansione (che quantomeno triplicherà il suo mercato entro i prossimi cinque anni, oggi stimato intorno ai 10 miliardi di dollari) dove si combattono a coltello giganti giapponesi, gruppi tedeschi, nuove imprese della silicon valley californiana e emergenti cinesi.
Ma SuntoGrid è un progetto originale che, appena presentato (riservatamente) per l’ammissione al fondo “Industria 2015” del Ministero delle Attività produttive, ha riscosso tali entusiasmi da vedere l’ingresso, nel suo consorzio operativo, di grossi nomi come St Microelectronics, Enel, Asm e Eni. In tutto ventiquattro partners, un numero inusuale per l’Italia, compresa una spinoff universitaria (la CPower, una cordata di piccole e medie imprese (Dichroic Cell, Angelantoni, Arcotronics), Enea, Cesi Ricerca, Cnr. In pratica un bel pezzo del gotha industriale della ricerca italiana.
Tutti pronti a scommettere sulle ricerche trentennali di un fisico, ordinario all’Università di Ferrara, uno dei maggiori fotovoltaici italiani, Giuliano Martinelli.
Testardo, Martinelli ha progressivamente creato a Ferrara un gruppo di quasi una trentina di ricercatori. E le sue prime parabole hanno mostrato risultati straordinari. «Oggi possiamo proporci, entro quattro anni, di attaccare con questa nuova tecnologia fino al 10% del fabbisogno energetico nazionale». Senza contare che giganti industriali come St Microelectronics potranno produrre su vasta scala i suoi chip, su un progetto parabole a scala globale.