Quando l’installatore realizza il quadro elettrico e assume anche la figura del costruttore dello stesso, si possono configurare due ipotesi:
– utilizza kit di montaggio commercializzati dai costruttori in forma di sistemi modulari appositamente studiati e provati;
– introduce modifiche rispetto all’esecuzione che già ha superato le prove di tipo o non segue tutte le indicazioni fornite
dal costruttore dei componenti per il loro assemblaggio.
La legge 46/90 e il relativo regolamento di attuazione (DPR 447/91) attribuiscono responsabilità ben precise per le imprese installatrici di impianti elettrici, le quali sono obbligate a rilasciare al committente una dichiarazione di conformità, a cui va allegata una relazione indicante la tipologia dei componenti utilizzati.
Con tali documenti l’impresa dichiara di aver realizzato gli impianti “a regola d’arte” e utilizzato materiali parimenti costruiti “a regola d’arte”.
E’ evidente l’importanza per l’installatore di utilizzare (quando esistenti) materiali dotati di marchi, certificati, dichiarazioni di conformità del prodotto alle norme di sicurezza rilasciati da enti riconosciuti o dal costruttore. Solo in questo caso è sollevato da ogni responsabilità sulla qualità dei componenti dell’impianto.
Per quanto riguarda in particolare i quadri, essendo questi componenti complessi, si presenta il problema della attribuzione delle responsabilità tra i vari operatori che concorrono con materiali e prestazioni alla loro realizzazione, tenuto conto che l’installatore nella dichiarazione di conformità deve indicare il nome del costruttore e sottoscrivere che esso è stato realizzato a regola d’arte.
Al fine di consentire l’individuazione del costruttore, il quadro deve essere munito di una targa che riporti in modo indelebile il nome o il marchio dell’ impresa che ne ha curato il montaggio finale nonché il tipo e numero di identificazione che rende possibile ottenere dal costruttore tutte le informazioni indispensabili.
La targa può riportare anche le caratteristiche del quadro, diversamente tali dati devono essere riportati in catalogo. Di conseguenza quando l’installatore utilizza un quadro acquistato già cablato e pronto per l’inserimento nell’impianto, se esso è dichiarato conforme alle norme CEI 17/13 dal costruttore (mediante dichiarazione di conformità o dichiarazioni riportate in cataloghi o listini), l’installatore non risponde di eventuali danni derivanti dall’uso dell’apparecchiatura in quanto la responsabilità ricade sul costruttore.
Se viceversa è l’installatore che realizza il quadro, assume anche la figura del costruttore dello stesso. In questo caso si possono configurare le seguenti ipotesi:
– l’installatore utilizza kit di montaggio commercializzati in forma di sistemi modulari appositamente studiati e provati;
– l’installatore introduce modifiche rispetto ad una esecuzione che già ha superato le prove di tipo o non segue tutte le indicazioni fornite dal costruttore dei componenti per il loro assemblaggio, per cui il quadro risulta di tipo ANS.
Nel primo caso, se segue scrupolosamente le indicazioni di montaggio dei componenti e di cablaggio, può essere esonerato dall’effettuare le prove di tipo se queste sono già state effettuate dal costruttore dei componenti. Nel secondo deve verificare la conformità delle caratteristiche derivanti dalle modifiche apportate mediante prove di tipo e/o i calcoli/estrapolazioni previsti dalla norma.
Solo aziende di adeguate dimensioni possono sostenere i costi delle prove di tipo ancorché effettuate presso laboratori esterni autorizzati (ad esempio CESI). E’ evidente quindi che l’installatore che vuole realizzare da sè i quadri assemblando i vari componenti ha tutto l’interesse di utilizzare quelli che sono stati già sottoposti alle prove di tipo dai rispettivi fabbricanti.
Le informazioni che il fabbricante di componenti deve fornire
L’installatore, che intende realizzare un quadro ANS, può quindi evitare l’esecuzione delle prove di tipo purché utilizzi componenti per i quali il costruttore ha già effettuato tali prove e ne fornisce i risultati.
Vediamo allora quali sono le informazioni che il fabbricante dei componenti del quadro deve fornire a dimostrazione del positivo superamento delle prove di tipo dei suoi prodotti in riferimento alle prestazioni dichiarate.
Grado di protezione dell’involucro
Il grado di protezione previsto per un’apparecchiatura contro il contatto diretto e l’ingresso di corpi estranei solidi e liquidi, viene indicato per mezzo della sigla IP in accordo con la Norma CEI 70-1.
Secondo le norme per le apparecchiature per installazione all’interno, se non é richiesta la protezione contro l’ingresso dell’acqua, sono preferenziali i gradi di protezione indicati in tabella.
Per le apparecchiature previste per l’installazione all’esterno e senza protezione supplementare, la seconda cifra caratteristica della sigla IP deve essere almeno uguale a 3.
Tenuta alla tensione applicata
Questa prova non é richiesta se il costruttore dei componenti del quadro dichiara che tali parti hanno già superato una prova di tipo, in conformità alle Norme corrispondenti, e purché la tenuta di tali parti alla tensione applicata non sia compromessa durante il loro montaggio. Inoltre non é richiesta l’esecuzione di questa prova sui quadri ANS la cui resistenza di isolamento sia stata verificata in accordo con le prove individuali.
Tenuta al cortocircuito del circuito di protezione
Il circuito di protezione di un quadro può essere costituito o da un conduttore di protezione separato (1) o dalle parti conduttrici della struttura o da entrambi.
Esso concorre ad assicurare:
– la protezione contro gli effetti di guasti all’interno dell’apparecchiatura;
– la protezione contro gli effetti di guasti nei circuiti esterni alimentati dall’apparecchiatura stessa.
La prova di tenuta al cortocircuito ha lo scopo di verificare che il conduttore separato non possa subire interruzione o che il telaio del quadro, con funzione di conduttore di protezione, non subisca deformazioni.
In relazione a queste prove, il fabbricante deve indicare il valore massimo ammesso della corrente di cortocircuito per la tipologia di carpenteria provata.
Distanze in aria e superficiali
La verifica non é necessaria se l’installatore utilizza sistemi di sbarre e di componenti per i quali il fabbricante dichiara che l’assiemaggio, effettuato seguendo le sue istruzioni, assicura il rispetto delle distanze minime prescritte dalla norma.
Funzionamento meccanico
Anche in questo caso il corretto funzionamento é assicurato senza nessuna prova, se nel quadro vengono montati dispositivi conformi alle rispettive norme e le operazioni sono effettuate seguendo le indicazioni di montaggio fornite dal costruttore.
Sovratemperature ammesse
I componenti elettrici installati nel quadro sviluppano calore; di conseguenza é necessario che la sovratemperatura interna del quadro non superi quella ammessa dai componenti installati per il loro corretto funzionamento e la loro sicurezza. E’ quindi necessaria una prova di riscaldamento che, richiedendo laboratori appositamente attrezzati e tempi lunghi, può in pratica essere effettuata solo dal costruttore della carpenteria.
Sulla base di tali prove il costruttore di quadri indica, per le più comuni modalità d’installazione, la massima potenza dissipabile (in watt); qualora questo dato non sia disponibile, la verifica della sovratemperatura può essere condotta con il metodo proposto dalla Norma CEI 17-43.
E’ evidente che se i fabbricanti della carpenteria forniscono i valori della potenza dissipata dal quadro agevolano grandemente l’installatore. Infatti per effettuare la verifica della sovratemperatura è sufficiente sommare i valori della potenza dissipata dai vari dispositivi del quadro (tali dati sono forniti dai fabbricanti delle apparecchiature) e raffrontare il risultato con il valore di potenza dissipata dall’involucro.
Tenuta al cortocircuito (del quadro)
La prova deve accertare che il quadro sia in grado di sopportare, senza danni, le sovracorrenti di guasto per le quali é stato previsto, ossia dev’essere verificato che la carpenteria, le barre e i portabarre non subiscano, in caso di cortocircuito, deformazioni inaccettabili e tali da compromettere il grado di protezione (deformazione involucro) o le distanze in aria e superficiali (piegatura delle barre) ed inoltre che l’eventuale isolamento dei conduttori e dei portabarre non risulti deteriorato.
La tenuta al cortocircuito dev’essere specificata dal costruttore dei componenti in uno dei seguenti modi:
a – per quadri dotati di un’unità d’arrivo munita di dispositivo di protezione, indicando la corrente di cortocircuito condizionata o il valore massimo ammissibile della corrente di cortocircuito presunta ai terminali dell’unità stessa;
b – per i quadri dotati di un’unità d’arrivo priva di dispositivo di protezione mediante una o più delle seguenti modalità:
– indicando i valori della corrente di breve durata ammissibile nominale e della corrente di picco ammissibile nominale unitamente al tempo corrispondente, se questo è diverso da 1 s;
– indicando il valore massimo ammissibile della corrente presunta di cortocircuito ai terminali dell’unità di arrivo, assieme al tempo corrispondente, se diverso da 1 s;
– precisando la corrente di cortocircuito nominale condizionata, in questo caso devono essere precisate anche le caratteristiche (corrente nominale, potere d’interruzione, corrente limitata, I²t) del dispositivo di interruzione limitatore di corrente (interruttore limitatore di corrente o fusibili) che dev’essere installato a monte del quadro per la sua protezione.
La conoscenza di tali dati consente di non effettuare la corrispondente prova di tipo oppure di verificare la tenuta al cortocircuito del quadro ANS derivato da quello AS di cui è nota la tenuta al cortocircuito, mediante il metodo di estrapolazione definito dalla norma CEI 17-52.