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L’occasione è quella della manutenzione di facciate e balconi, agevolata dagli sconti fiscali di questi ultimi anni.
Chissà, però, quanti sono rimasti perplessi di fronte ai collegamenti elettrici poco consoni di questi cantieri.
Impianti di terra
Nei sistemi TT, costituenti il sistema di alimentazione della maggior parte dei cantieri edili, la necessità di realizzare un impianto di terra efficiente è legata al collegamento a terra delle masse degli apparecchi utilizzatori; questo al fine di prevenire possibili infortuni elettrici (contatti indiretti). In questo tipo di alimentazione, infatti, un eventuale guasto dell’apparecchio utilizzatore (ad esempio per un difetto di isolamento), potrebbe creare la condizione ideale affinché le masse assumano un potenziale pericoloso e, di conseguenza, circoli una corrente di guasto.

Scopo dell’impianto di terra e delle protezioni è interrompere l’alimentazione elettrica (e quindi la circolazione della Ig) nel più breve tempo possibile, prima cioè che questa diventi pericolosa.
Questo si ottiene realizzando un impianto di terra il cui valore di resistenza soddisfa la seguente condizione:

Ra < 50 / Ia

Dove: RA è la somma delle resistenze del dispersore e dei conduttori di protezione, in ohm; Ia è la corrente che provoca il funzionamento automatico del dispositivo di protezione, in ampere.

Se il dispositivo di protezione è un interruttore differenziale, Ia è la corrente differenziale nominale Idn; se è, invece, un interruttore magnetotermico, Ia è la corrente di intervento entro 5 s e vale circa 5 In. Nei cantieri edili (ambienti ritenuti dalla norma più pericolosi), la tensione di contatto limite convenzionale è limitata a 25 V (articolo 704.471 della Norma CEI 64-8); la relazione da applicare sarà quindi: RA < 25 / Ia

Come noto, l’impianto di terra è costituito da:

– dispersori;
– conduttori di terra;
– collettori (o nodi) principali di terra;
– conduttori di protezione;
– conduttori equipotenziali principali e supplementari.

Un esempio di collegamento di un impianto di terra è illustrato in figura 2, tratta dalla norma CEI 64-8 / 5 – Appendice A) Riportando l’esempio al ponteggio metallico, si può concludere che l’impianto di terra è già presente, visto che si tratta di lavori realizzati in edifici preesistenti, i quali dovrebbero avere l’impianto di terra (per effetto almeno della L. 46/90!)

Questo significa, in altre parole, che l’impianto di terra, così realizzato, potrà essere utilizzato dal cantiere; si dovrà verificare il valore della resistenza di terra Ra e le protezioni utilizzate nei quadri di cantiere (di tipo ASC) dovranno essere coordinate con questo valore. A tale proposito, seppur vero che il metodo principale per la misura della resistenza di terra sia il voltamperometrico (figura),
nelle città questo è spesso impraticabile, vista la mancanza di spazi per eseguire la verifica. La guida CEI 64-14 (di cui attualmente è in inchiesta pubblica la seconda edizione) illustra un secondo metodo, utilizzabile unicamente nei sistemi TT: il metodo per la misura della resistenza dell’anello di guasto o metodo della caduta di tensione (figura).

Masse estranee
Uno dei quesiti che sono spesso rivolti ai relatori negli incontri tecnici, riguarda il collegamento a terra del ponteggio metallico.
Erroneamente, infatti, si tende a considerare il ponteggio una massa che deve essere collegato a terra. Vorrei ricordare che, secondo quanto definito dalla Norma CEI 64-8 (articolo 23.2), è una massa la “parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che non è in tensione in condizioni ordinarie, ma che può andare in tensione in condizioni di guasto. Nota: una parte conduttrice che può andare in tensione solo perché è in contatto con una massa non è da considerare una massa.” Non essendo il ponteggio la parte conduttrice di un componente elettrico, questo esclude che esso costituisca una massa. Altresì, date le dimensioni, alcuni ponteggi potrebbero costituire una massa estranea (parte conduttrice non facente parte dell’impianto elettrico in grado di introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra) e, come tali, essere collegati in equipotenziale all’impianto di terra.
Nel commento all’articolo 23.3, infatti, sono considerate masse estranee (alla stessa stregua delle tubazioni metalliche, ad esempio) anche le parti metalliche, non facenti parte dell’impianto elettrico, che presentano verso terra un valore di resistenza inferiore a 200 Ohm (cantieri edili).

Questo significa che, per sapere se un ponteggio è una massa estranea oppure no, si dovrà effettuare la misura della sua resistenza verso terra. Un ponteggio, però, normalmente è installato su marciapiedi asfaltati (e posato su tavolette di legno per motivi statici), perciò la misura può essere omessa, in quanto la resistenza risulterà comunque superiore a 200 Ohm.
Perché queste considerazioni? Spesso si notano ponteggi collegati a picchetti “abbandonati” sui marciapiedi. Questi non costituiscono l’impianto di terra perché, come sappiamo, lo scopo di questo impianto è la messa a terra delle masse degli apparecchi utilizzatori; altresì non potranno essere considerati “collegamenti equipotenziali” in quanto deve essere verificata l’effettiva equipotenzialità fra questo “picchetto” e l’impianto di terra.
Per questo motivo è necessario eseguire la misura della resistenza verso terra del ponteggio e, qualora abbia i requisiti di massa estranea, dovrà essere collegato in equipotenziale con l’impianto di terra.

Il conduttore da utilizzare dovrà avere una sezione non inferiore alla metà della sezione del conduttore di protezione di sezione più elevata dell’impianto, con un minimo di 6 mm2. Usualmente, anche per evitare accidentali interruzioni di questo collegamento (dovute al transito di pedoni e/o mezzi motorizzati) è utilizzata una treccia di rame da 35 mm².
Ricordiamoci che, secondo quanto riportato dalla Norma CEI 64-8 (articolo 547.1.1), non è richiesto – e quindi non è obbligatorio – che la sezione superi i 25 mm². Questo collegamento andrà eseguito su un punto del ponteggio e dovrà svilupparsi fino al nodo o collettore di terra.

Protezione contro la fulminazione diretta
Un ponteggio metallico potrebbe necessitare di un impianto di protezione contro la fulminazione diretta (Norma CEI 81-1).
Bisogna, cioè, valutare il rischio di perdite di vite umane a causa delle tensioni di passo e contatto, se nei 5 m vicino alla struttura – nelle zone con resistività superficiale rs del suolo inferiore a 5 kW m – si prevede la presenza di persone in elevato numero o per notevole periodo di tempo.
Questa valutazione può essere effettuata utilizzando l’appendice G della Norma CEI 81-1 o il diagramma pubblicato sulla Guida CEI 64-17 “Guida all’esecuzione degli impianti elettrici nei cantieri”. La semplice lettura del diagramma consente di discriminare la struttura protetta da quella da proteggere e, quindi, se è necessario l’impianto di protezione contro la fulminazione diretta. L’uso del diagramma è subordinato alla conoscenza dei termini utilizzati per il calcolo, illustrati nell’Appendice G della Norma CEI 81-1.
L’Appendice illustra, infatti, una procedura semplificata per la valutazione della necessità di realizzazione di un impianto di protezione ed è sempre applicabile alle strutture metalliche all’aperto e, quindi, anche ai ponteggi. Una nota all’Appendice ricorda anche che: “Un tappeto di usura in conglomerato bituminoso con spessore 5 cm (o uno strato di ghiaia di spessore 10 cm) hanno una resistività superficiale rs maggiore di 5.000 Ohm*m”.
Questo significa che i ponteggi eseguiti su terreni di questo tipo, nonché quelli in cui non è prevista presenza di persone in numero elevato o per un elevato periodo di tempo entro 5 m dalla struttura, “non è necessario procedere ad alcuna valutazione di rischio, in quanto si considerano già protette (autoprotette) dalle fulminazioni dirette” (Art. 11.3 – Guida CEI 64-17).

Antonello Greco
Direttore responsabile Notiziario Aiel Irpaies