Ultime news

La casa domotica è certamente una frontiera molto interessante (quanto in continuo sviluppo) nel contesto delle installazioni elettriche, e deve essere gestita con particolare attenzione. In particolare, l’installatore chiamato a operare in una casa ove è presente (a diversi livelli di estensione) un impianto domotico, dovrà prestare notevole cura a che il proprio intervento non vada ad incidere negativamente sulla struttura già esistente. Tema questo di particolare rilevanza se si prende in considerazione il fatto che interventi di natura “tradizionale” quanto routinaria possono avere un impatto sul sistema domotico – e questo con conseguenze potenzialmente rilevanti per l’installatore sotto il profilo delle responsabilità, come ad esempio accadde in…

Il caso dell’impianto domotico danneggiato

Tizio incaricò la ditta individuale di Caio affidandole il compito di installare presso la propria abitazione un piano cottura, una lavastoviglie ed altri elettrodomestici, controllabili dall’impianto elettrico generale di domotica già esistente. Un lavoro a prima vista non particolarmente complesso e rientrante negli interventi ordinari per un installatore. Tuttavia nel corso di esecuzione dei lavori si veniva a verificare una interruzione improvvisa della corrente elettrica, accompagnata da forte odore di combustione, che risultava dovuta ad un surriscaldamento dell’impianto domotico. Tizio doveva pertanto constatare che successivamente a detto intervento era stato causato un danno all’impianto elettrico di domotica, attribuibile ad alcuni errori nei cablaggi eseguiti dalla ditta di Caio. Quest’ultimo tuttavia non riconosceva né l’errore né il danno causato, e pertanto Tizio si trovava costretto ad adire le vie legali nei suoi confronti, chiedendo venissero accertate la natura e le cause dei danni provocati con la conseguente declaratoria di responsabilità ex art 1218 cc (responsabilità contrattuale) ovvero ex art 2043 cc (responsabilità extra-contrattuale) e la condanna del convenuto al risarcimento di tutti i danni subiti.

Caio, in modo alquanto generico, disconosceva l’entità dei danni richiesti e la ricostruzione dei fatti per come presentati, affermando che l’incarico affidatogli doveva essere considerato un semplice intervento di riparazione, prevedendo solo il ripristino del lavello e della lavastoviglie e non di installazione degli elettrodomestici controllabili dall’impianto generale del sistema domotico. Inoltre, eccepiva il fatto che l’impianto elettrico e domotico dell’appartamento di Tizio risultava privo delle certificazioni di cui agli artt. nn.5, 6 e 7 del D.M. 37/08, motivo per cui il proprio intervento non avrebbe potuto generare responsabilità ulteriori.

E qui si deve affrontare pertanto un primo tema: in cosa consisteva il contratto tra le parti?

La tipologia di contratto in essere

Dalle risultanze fattuali risulta evidente che il convenuto Caio era stato incaricato di installare diversi elettrodomestici nell’abitazione dell’attore mediante un contratto che, in ragione della natura della prestazione svolta, può essere qualificato quale contratto di prestazione d’opera ai sensi dell’art. 2222 Codice Civile. Il che vale a dire la costituzione dell’obbligo di una persona a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Uno schema contrattuale tipico che di regola ben descrive gran parte delle attività svolte nel contesto del lavoro autonomo, basato sull’intuitus personae (da non confondersi con il contratto d’appalto di cui all’art. 1655 Codice Civile, caratterizzato da elementi organizzativi maggiormente pregnanti) e per cui il soggetto fornitore si obbliga a pervenire ad un determinato risultato assumendosi conseguente il rischio nell’attività produttiva – con la previsione normata dei diritti del committente nel caso di difformità o di vizi dell’opera (contente un rinvio espresso all’art. 1668 Codice Civile).

Vi è stato inadempimento contrattuale?

Dalle verifiche tecniche effettuate, è emerso che il guasto è compatibile con un errato cablaggio elettrico tra cavi di tensione di rete elettrica a 230 volt con il cavo di interconnessione al sistema domotico, alimentato quest’ultimo a 27 volt CC dal suo alimentatore, e più nello specifico sarebbe stato causato da un erroneo collegamento del cavo Bus a 27 volt alla linea elettrica da 230 volt. Di conseguenza, all’origine del guasto lamentato da Tizio risulta esservi l’intervento operato da Caio, il quale nell’eseguire i lavori commissionatigli collegava colposamente il cavo di alimentazione all’impianto di domotica senza l’ausilio di un deviatore.

In tal senso, il fatto che l’impianto elettrico e domotico dell’appartamento fosse privo delle certificazioni di cui agli artt. nn.5, 6 e 7 del D.M. 37/08 non viene ad incidere in merito a tale responsabilità, posto che comunque risultava essere stato realizzato con l’impiego di materiali idonei, adeguatamente dimensionati e con cablaggi eseguiti correttamente, dunque in grado di funzionare.

In tal senso, il punto di maggior criticità dell’impianto elettrico risultava individuabile nella presa di corrente che ospita sia i cavi dell’impianto elettrico sia quelli dell’impianto domotico – criticità questa che tuttavia non esclude l’imputabilità ai sensi dell’art. 1218 Codice Civile della responsabilità a Caio, la cui natura di imprenditore specializzato in lavori elettrici comporta la necessità di valutare la diligenza nell’adempimento secondo i criteri “qualificati” di cui all’art. 1176 Codice Civile comma 2. Tale norma dispone infatti che nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata ( e non secondo il più generale criterio della diligenza del “buon padre di famiglia” di cui al primo comma dell’articolo stesso). Si tratta in altri termini di criteri maggiormente rigorosi che tengono conto della professionalità del prestatore d’opera, dal quale ci si attende una competenza ben superiore alla media e che ovviamente sono strettamente ricollegabili alla “regola dell’arte”, ovverosia quell’insieme di tecniche dettate per l’esecuzione di un determinato genere di lavoro. Si noti, per inciso, che nel settore delle installazioni il riferimento alla regola dell’arte è espressamente rinvenibile all’art. 6 DM 37/08 laddove viene espressamente previsto che “le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi”.

Evidentemente l’operato di Caio non ha rispettato tali requisiti, e pertanto se ne deve riconoscere la colpa nella causazione del danno, con il conseguente inadempimento contrattuale nell’ambito del contratto di prestazione d’opera in essere con Tizio. A tale responsabilità consegue pertanto l’obbligo di Caio al risarcimento del danno causato, ovviamente nei limiti di quanto prevedibile nel tempo in cui è sorta l’obbligazione, che nel caso di specie è ravvisabile nei costi sostenuti da Tizio per il ripristino dell’impianto domotico.

Note in tema di responsabilità

Il caso sopra esposto consente di delineare alcuni importanti elementi di diritto applicabili in caso di intervento presso strutture ove siano già presenti impianti domotici.

Innanzitutto, è importante comprendere quale sia la tipologia contrattuale in essere tra le parti – e questo aspetto appare spesso negletto nella prassi commerciale posto che l’installatore spesso utilizza un form unico per diverse tipologie di intervento (non vogliamo prendere neppure in considerazione le ipotesi in cui non venga utilizzato affatto un contratto scritto!). Posto che in caso di intervento dell’installatore presso il proprio cliente un rapporto contrattuale tra le parti si crea necessariamente, è consigliabile avere chiaro sin dal principio quale sia la tipologia contrattuale rilevante, al fine di meglio conoscere le proprie responsabilità – possibilmente gestendole nell’articolato dell’accordo. E’ il caso di rammentare che la distinzione tra contratti tipici apparentemente similari (come potrebbe accadere ad un esaminatore superficiale tra le ipotesi di contratto d’opera e contratto d’appalto) è fondamentale in quanto a fronte di schemi causali differenti si pongono anche diverse implicazioni in termini di azioni di responsabilità (ad esempio, con riferimento alle tempistiche di decadenza e di prescrizione) da cui possono derivare conseguenze pratiche notevolmente importanti.

A fronte di un corretto inquadramento contrattuale, occorre poi verificare come i fatti accaduti possano essere ricondotti al medesimo, e questo innanzitutto con riferimento al livello di diligenza richiesto all’installatore ed all’eventuale presenza di colpa del medesimo (rammentiamo che la “colpa” può essere descritta come quella forma di negligenza, imprudenza od imperizia che viene a causare un danno). Nel caso sopra descritto, si può ben comprendere che la negligenza dell’installatore abbia esposto il sistema domotico ad un voltaggio ampiamente superiore a quello per cui era stato progettato, con il conseguente danneggiamento del medesimo.

Gli atti dannosi comportano la responsabilità di chi li ha compiuti. Nel caso in esame, un intervento ordinario dell’installatore mal eseguito ha compromesso un intero sistema domotico, il cui ripristino ha comportato un esborso ampiamente superiore al valore dell’attività originariamente commissionata. Questo evidenzia come il vizio nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale esponga l’installatore a responsabilità che – specialmente in assenza di clausole contrattuali in senso contrario – possono comportare obblighi risarcitori notevolmente superiori al beneficio economico atteso con riferimento all’intervento originario.

Osservazioni queste da ultimo proposte che sottolineano l’importanza per l’installatore di operare in un contesto contrattuale ben definito e disciplinato da clausole che ne descrivano correttamente obblighi e responsabilità. E, soprattutto, di operare con perizia e diligenza professionale.

Approfondimenti

Il caso è liberamente ispirato alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, Sez. 2° Civ., n. 994/2025 del 18 aprile 2025.