Nuovi strumenti ma nessuna grande rivoluzione in arrivo per la Borsa elettrica italiana.
Non ci sarà il passaggio secco dall’attuale sistema del prezzo marginale (a tutti i produttori viene riconosciuto il listino più alto emerso dalle contrattazioni giornaliere) al prezzo effettivamente offerto per l’elettricità prodotta dalle singole centrali, che nelle intenzioni di molti doveva servire a calmierare i costi finali.
Il sistema “pay as bid” farà forse capolino dal 2012, ma solo dopo ulteriori verifiche, nelle nuove sessioni giornaliere di aggiustamento dell’elettricità contrattata il giorno prima, che daranno fin d’ora nuova flessibilità e capienza all’attuale borsa elettrica.
Per calmierare i prezzi finali la Borsa allargherà invece le ali con i contratti a medio e lungo termine, destinati a canalizzare nella grande platea di scambio manovrata dal Gme (il gestore del mercato elettrico) quote crescenti dell’elettricità che ora passa dai contratti blaterali.
E per rendere più efficiente il sistema di scambi e favorire la competizione tra fornitori si metterà mano anche alle regole del dispacciamento, il complesso sistema di governo della produzione e della trasmissione di energia nel paese, con una ridefinizione delle zone e dei criteri di allocazione delle risorse.
Ma anche qui senza stravolgimenti e per passi successivi.
Riforma prudente, dunque. Assai più prudente di quella ipotizzata in un primo momento e poi sfociata nel decreto anticrisi dello scorso novembre, poi convertito a inizio anno.
Il tutto sta prendendo forma in un nuovo provvedimento “intermedio”, un decreto di indirizzo (che la legge di inizio anno imponeva entro 90 giorni) che il dicastero dello Sviluppo si appresta a varare in queste ore dopo un ultimo faccia a faccia tenuto dal capo dipartimento del ministero Guido Bortoni con i rappresentanti dei gestori elettrici, delle associazioni industriali, del Gme e di Terna, la società che si occupa di adeguare e gestire la rete nazionale di alta tensione.