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Il tema dell’impatto negativo di ipotesi di sovratensione sugli utenti finali e del risarcimento dei danni conseguenti è materia conosciuta dalla giurisprudenza di merito con particolare attenzione alle ipotesi in cui sono coinvolti i consumatori – vale a dire soggetti che hanno stipulato il contratto di fornitura per finalità estranee all’esercizio di un’attività imprenditoriale, commerciale o professionale.

Meno diffuse in giurisprudenza – sia di merito che di legittimità – sembrano essere in tempi recenti quelle situazioni in cui – al contrario – l’utente leso non rivesta la qualifica di consumatore e pertanto non ricada in quel contesto di tutela rafforzata previsto dal Codice del Consumo (o, meglio, DLgs. 6 settembre 2005, n. 206 nella sua versione vigente).

In tale senso risulta pertanto interessante approfondire alcune ipotesi per le quali sono rinvenibili precedenti giurisprudenziali, sulla scorta dei quali sembra assumere particolare rilevanza il rispetto da parte dell’utente delle misure di sicurezza previste dalla normativa tecnica applicabile nel singolo caso di specie. Elemento questo che potrebbe anche configurare un’esimente alla responsabilità del distributore, come accadde in…

Il caso della sovratensione

La società Alfa ritiene di avere subito un danno a causa di un fenomeno di sovratensione dell’energia elettrica che si sarebbe verificato sulla linea di media tensione (MT) di proprietà di Beta Distribuzione – linea questa che aveva nella cabina elettrica di proprietà di Alfa il suo punto di arrivo. In tal senso Afa chiede a Beta – in qualità di società distributrice dell’energia elettrica e proprietaria della linea relativa – il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’evento sopra indicato.

La società distributrice Beta eccepisce che – al di là della quantificazione del danno effettivo – l’evento sarebbe in realtà da imputarsi ad un “buco di tensione”, il che vale a dire un abbassamento del livello di tensione, che si era verificato su di una linea differente da quella che alimenta Alfa, cui era seguito un innalzamento della tensione stessa che si era invece riverberato anche su quest’ultima linea – sottolineando inoltre che tali eventi non sono prevedibili dal fornitore e pertanto dovrebbero essere ascritti al caso fortuito.

La responsabilità nell’esercizio di attività pericolose

Nel volere inquadrare il tema in termini di diritto, occorre innanzitutto rilevare che la giurisprudenza ha incardinato i fenomeni sovratensione e buco di tensione nell’alveo delle fattispecie di cui all’art. 2050 Codice Civile, dettato in tema di responsabilità per l’esercizio di attività pericolose. Nello specifico, detta norma recita come segue: “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

In sostanza, si tratta di una forma di inversione dell’onere della prova, che viene posto in capo al preteso danneggiante il quale dovrà dare evidenza di avere fatto tutto quanto in suo potere per potere prevenire conseguenze dannose derivanti dalla sua attività. La quale si presume di per sé stessa quale “pericolosa” sulla base della sua propria natura o comunque per il tipo di mezzi adoperati per il relativo svolgimento.

È proprio questa peculiare natura dell’attività a trasferire sul danneggiante l’onere probatorio che altrimenti – secondo la regola generale – dovrebbe insistere sul danneggiato che chiede il risarcimento per il pregiudizio ingiustamente subìto. Infatti, il soggetto che decide di porre in essere un’attività pericolosa introduce per gli altri un aumento del rischio derivante proprio da detto pericolo intrinseco e, di conseguenza, lo svolgimento di tale attività dovrà avvenire con maggiori cautele rispetto all’esercizio di una attività non rischiosa.

Tale disposizione, che ad una prima lettura sembrerebbe porsi quale una translitterazione normativa del brocardo cuius commodum eius et incommoda, viene a cristallizzare nell’ordinamento una presunzione di colpa a carico del danneggiante che potrà essere superato esclusivamente mediante la prova del fatto che le misure adottate erano idonee a prevenire il fatto verificatosi. In altri termini, perché operi la disposizione devono concorrere entrambe le condizioni: l’attività svolta deve essere pericolosa, e colui che la svolge ha omesso le misure atte ad evitare il verificarsi del danno. Non si tratta pertanto di responsabilità c.d. “oggettiva”, in quanto la colpa da cui deriva la responsabilità non è tanto nell’esercizio dell’attività pericolosa (che di per sé può essere assolutamente lecita) quanto nel non avere adottato le necessarie cautele a che detta attività non possa portare nocumento ai terzi.

Il caso fortuito

Come sopra indicato, Beta attribuisce l’evento dannoso ad un “caso fortuito”, il che vale a dire un evento naturale (od assimilabile) estraneo sia alla volontà dell’agente che al rischio tipico della cosa che lo ha prodotto, e che pertanto si pone al di fuori della sfera di ragionevole prevedibilità. Un evento pertanto riconducibile a fatti straordinari ed imprevedibili, idoneo ad escludere la responsabilità del danneggiante.
Sulla scorta di quanto sopra, Alfa osserva invece che essendo inquadrabile l’ipotesi in esame nella previsione di cui all’art. 2050 Codice Civile non avrebbe senso effettuare riferimento al caso fortuito, posto che le ipotesi di un buco di tensione o di sovratensione possono essere imprevedibili con riferimento a quando avverranno effettivamente, ma non certo in termini di generale possibilità – al contrario, non appare irragionevole considerarli quali rischio tipico da valutarsi da parte del distributore di energia elettrica.

Coup de théâtre! Le misure di sicurezza

Fino a questo punto, la posizione del danneggiato sembrerebbe solida. Ma occorre introdurre un nuovo elemento, vale a dire la normativa tecnica di settore.
Le norme tecniche applicabili al caso di specie in funzione della tipologia dell’impianto, infatti, portano a ritenere che sebbene i buchi di tensione siano eventi non prevedibili, le loro conseguenze negative possono comunque essere evitate mediante l’adozione, da parte degli utenti dell’energia elettrica, di dispositivi di protezione contro gli abbassamenti di tensione. Più nello specifico, nel caso che qui interessa la giurisprudenza ha sottolineato che le norme tecniche applicabili contengono prescrizioni per la sicurezza in materia di impianti elettrici, in particolare con riferimento alla necessità di installare dispositivi di protezione contro gli abbassamenti di tensione, idonei ad assicurare la messa in funzione dei servizi di sicurezza e delle alimentazioni di riserva in caso di calo di tensione dell’alimentazione principale al di sotto del limite di funzionamento corretto;
Dispositivi questi dei quali Alfa non risultava munita.
E proprio questo ultimo profilo può risultare idoneo, alla luce della giurisprudenza, a ribaltare completamente il punto di vista giuridico in tema di responsabilità.
Infatti, la mancata adozione da parte dell’utente di misure di sicurezza pur previste dalla normativa tecnica volte a fare fronte a fenomeni conosciuti per quanto non prevedibili nel loro effettivo verificarsi, comporta una forma di inerzia ingiustificata tale da porre il medesimo danneggiato in una posizione di sostanziale colpa, tale da non consentire di riconoscere il diritto al risarcimento di un danno che con le adeguate precauzioni avrebbe comunque potuto evitare.
In altri termini, in presenza di norme tecniche che prescrivono l’adozione di sistemi di protezione volti a proteggere l’impianto da alterazioni della tensione, il danno lamentato da Alfa non sarebbe risarcibile in quanto la società stessa non avrebbe assunto le misure atte ad evitare l’evento poi effettivamente verificatosi.

Conclusioni

Il caso in commento ci consente di svolgere alcune importanti considerazioni in tema di responsabilità dell’utente finale. Accanto, infatti, ad un’impostazione normativa strutturata sulla responsabilizzazione del soggetto distributore dell’energia secondo i principi generali di cui al Codice Civile (e non sono mancate infatti pronunce giurisprudenziali in tal senso, specialmente laddove l’utente danneggiato riveste la qualità di consumatore) si pone qui l’attenzione sul livello di diligenza richiesto in capo all’utilizzatore dell’energia stessa. In particolare, detta diligenza si realizza con l’adozione di quelle misure di protezione che la normativa tecnica riconosce quali opportune (o necessarie) per proteggere l’impianto da possibili sbalzi di tensione. In questo caso, la rilevanza dell’adozione di tali comportamenti (rectius, della mancata attuazione) viene a costituire un elemento di discrimine tale da ribaltare la prospettiva ponendo il focus sulla posizione giuridica dell’utente stesso, che viene ritenuta tale da non consentire il riconoscimento di alcun diritto in termini risarcitori.

Un approccio sicuramente volto a confermare una rinnovata attenzione sul comportamento dell’utilizzatore finale, le cui eventuali pretese risarcitorie dovranno essere vagliate alla luce della cura che avrà posto alla corretta realizzazione delle misure di protezione con riferimento al proprio impianto.

(articolo di Tommaso Romolotti e Laura Marretta)