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I sistemi di controllo dell’illuminazione possono essere suddivisi in due categorie: manuali ed automatici.
I primi servono semplicemente per accendere e spegnere parti dell’impianto, mentre i secondi gestiscono il comando e la regolazione.
Il comando manuale è indispensabile in ogni tipologia di locale; ad esso deve comunque potersi sovrapporre la possibilità di un comando automatico.
La priorità deve comunque essere sempre del comando manuale. I sistemi possono essere più o meno complessi in relazione al numero di parametri o condizioni da cui si vuol far dipendere l’illuminazione.
Un’altra considerazione va effettuata circa la tipologia del comando: dal semplice pulsante fino al telecomando a raggi infrarossi.
La possibilità di parzializzare l’impianto in piccole zone produce significativi risparmi di energia rispetto al controllo di un ampio spazio o di un intero edificio con un solo comando.
I sistemi automatici utilizzano varie forme di sensori: dal sensore fotoelettrico che provvede a spegnere o ridurre la luminosità quando la luce esterna è in grado di fornire un significativo contributo, al temporizzatore che stabilisce le fasce orarie in cui è opportuno tenere in funzione il sistema di illuminazione, o anche i sensori di movimento che provvedono, in caso di luminosità insufficiente, ad attivare il sistema di illuminazione nei luoghi di transito al passare di una o più persone.
Un’altra esigenza che spesso si verifica, è rappresentata dalla necessità di sviluppare degli “scenari” precostituiti e richiamabili con un solo comando.
Al desiderio di avere una gestione più sofisticata delle utenze si aggiunge spesso la necessità di visualizzarne e variarne lo stato da una o più postazioni centralizzate.
Tutto questo può essere realizzato con un impianto tradizionale o con un “sistema bus” inserito nelle funzionalità più ampie del “building automation”, ove i comandi, non solo di accensione e spegnimento delle varie parti dell’impianto di illuminazione, ma anche di altri servizi all’interno dell’edificio, come quello di climatizzazione, viaggiano insieme in modo seriale su un unico canale, tipicamente un doppino.
Opportuni dispositivi di interfaccia sono necessari per il riconoscimento degli specifici messaggi destinati alle varie funzioni. In un impianto tradizionale, essendo sostanzialmente un impianto “punto a punto”, la realizzazione delle funzioni precedenti comporta la stesura di numerosi conduttori che collegano fra di loro, in modo strettamente dipendente dalle funzioni richieste, tutti i dispositivi necessari.
L’impianto a questo punto sarebbe inoltre completamente dedicato a questa funzionalità e comporterebbe inoltre una stesura di un numero considerevole di cablaggi con le relative predisposizioni; operazioni queste non sempre possibili, soprattutto quando l’impianto viene realizzato in un edificio preesistente.
Realizzando l’impianto con una tecnologia bus ed impiegando di conseguenza componenti “intelligenti”, si elimina la dipendenza, tipica dell’impianto tradizionale, “cablaggio funzione”; il primo infatti viene ridotto al minimo indispensabile, cioè due conduttori che collegano in parallelo tutti i dispositivi , la seconda viene assicurata da una operazione di “messa in funzione”, realizzata mediante un personal computer ed un adatto programma da un qualsiasi punto dell’impianto. Quest’ultimo, inteso come l’insieme di conduttori, viene di conseguenza “privato” delle funzioni, essendo queste ultime trasferite al programma di configurazione.
Questa tecnologia consente di introdurre una notevole automazione nell’edificio riducendo al minimo l’impatto sulle strutture.
I sistemi automatici di regolazione di tipo elettronico, attualmente in forte espansione, possono ridurre del 30-40% i consumi sia negli impianti interni che in quelli esterni.
Nel primo caso un sensore fotoelettrico misura la quantità di luce diurna presente al momento e regola l’illuminazione artificiale, in modo da mantenere costante il livello prefissato nell’area interessata.
Nel secondo caso, un regolatore inserito nel punto di consegna provvede alla riduzione del flusso emesso dell’ordine del 50% dopo 3 ore dall’accensione dell’impianto e lo riporta al valore iniziale a fine notte, circa un’ora prima dello spegnimento.
Ricordiamo infine che un’adeguata programmazione degli interventi di manutenzione può migliorare il potenziale risparmio energetico in base al tipo di ambiente, di lampada e di apparecchio.
In assenza di un ciclo di pulizia e ricambio di lampade ben definito, il livello di illuminazione scenderà drasticamente: il criterio di sovradimensionare gli impianti, fino al doppio del valore nominale, è ormai incompatibile con la buona tecnica.
La scelta di apparecchi adeguati e, nel caso, a tenuta con lampade di buona qualità, a basso decadimento e l’adozione di un calcolato intervallo di manutenzione, consentono di mantenere in esercizio i livelli di illuminamento o luminanza prefissati a costi minimi.
EFFICIENZA ENERGETICA DI UN IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE.
In generale, l’uso razionale dell’energia in un impianto di illuminazione, può essere conseguito mediante la scelta appropriata degli apparecchi, delle lampade e degli alimentatori, l’adozione di sistemi di controllo e una adeguata programmazione degli interventi di manutenzione.
Per quanto riguarda gli apparecchi va rilevato che attraverso un’appropriata scelta dei materiali ed una precisa conformazione del gruppo ottico può massimizzare l’utilizzo della luce emessa dalla lampada e quindi ridurre il carico complessivo.
Il fattore di riflessione può variare, a seconda del materiale, dal 60% per riflettori verniciati, al 95% per quelli in alluminio iperpuro brillantato.
Tuttavia, è da notare che qualunque materiale è di scarso effetto, se il riflettore non è accuratamente calcolato e sagomato in modo da ottenere la distribuzione ottimale della luce.
L’impiego di vani ottici chiusi mediante calotte traslucide a tenuta (IP 5X o 6X) o sigillate, soprattutto nelle applicazioni esterne, è un criterio assai valido per mantenere elevato nel tempo il fattore di manutenzione e quindi l’efficienza luminosa dell’apparecchio.
Anche la schermatura, in genere indispensabile per ridurre o eliminare l’abbagliamento ai normali angoli di visione, può provocare significative cadute di rendimento fotometrico; ad esempio, i vecchi tipi per apparecchi da interno con griglia in materiale plastico assorbono fino al 50% del flusso luminoso, per cui, al limite, sarebbe bene rimuoverli o meglio, sostituire del tutto gli apparecchi stessi. Perciò, quando si sceglie un apparecchio per una data applicazione, è necessario individuare il modello giusto: l’energia può essere risparmiata solo scegliendo tipologie che soddisfino il compito visivo nel modo più efficace, in pratica con il massimo coefficiente di utilizzazione, al fine di ottenere un impianto che risponda adeguatamente anche ai requisiti di ergonomia. per quanto riguarda le sorgenti luminose (vedi Panorama Elettrico n. 3 / 2004), diciamo subito che la lampada ad incandescenza ordinaria converte in luce visibile solo il 5% dell’energia elettrica, il resto viene dissipato in calore.
La sua efficienza luminosa è al massimo di 12 lumen / watt.Le lampade più moderne sono assai più efficienti: ad esempio, le lampade fluorescenti compatte (una valida alternativa in molte applicazioni) hanno un’efficienza superiore di almeno 5 volte (oltre la durata da 6 a 10 volte, rispettivamente per i tipi con o senza alimentatore incorporato).
Per le applicazioni in interni, la possibilità di risparmio è data dalle lampade fluorescenti “a tre bande” che hanno efficienze dell’ordine di 90 lumen/watt, cioè del 135% rispetto al tipo “standard”.
Si può quindi risparmiare energia scegliendo lampade che presentano efficienza e mantenimento del flusso più elevati per tutta la vita utile.
La classificazione energetica per le principali lampade di uso domestico è riportata su apposita targhetta posta su ogni imballo.
Tutte le lampade a scarica richiedono un alimentatore che mediante induttanze, capacità e resistenze, limita la corrente di lampada al valore di funzionamento prescritto. Considerevoli risparmi possono essere ottenuti impiegando alimentatori a basse perdite o elettronici, che riducono le perdite, (che vanno dal 10% al 20%) rispettivamente del 35% e del 65%.
La classificazione energetica, per ora limitata alle applicazioni più comuni per interni, prevede sette categorie a cui è stato assegnato un indice di efficienza energetica distinto da lettere e numeri: A1-A2-A3-B1-B2-C-D. Le categorie “A” sono destinate agli alimentatori elettronici, “B” alle basse perdite, “C” ai convenzionali, “D” a quelli più ordinari.