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Non si parla più solo di efficienza, ma di tenuta complessiva del sistema elettrico italiano. Con la spinta alla decarbonizzazione e all’elettrificazione dei consumi, la questione della sicurezza e dell’adeguamento degli impianti elettrici, in particolare nel comparto residenziale, è diventata centrale. A rilanciarla è stata la tavola rotonda organizzata da FME il 23 maggio 2025 a Milano, che ha riunito rappresentanti istituzionali, esperti tecnici, enti di certificazione e associazioni della filiera.

Un patrimonio edilizio fuori norma

I numeri parlano chiaro: oltre il 75% del patrimonio edilizio italiano è inefficiente dal punto di vista energetico e gli impianti elettrici in servizio sono in gran parte obsoleti o privi di verifica tecnica periodica. L’indagine illustrata durante l’evento ha confermato che oltre 12 milioni di abitazioni versano in condizioni impiantistiche non adeguate alla crescente domanda di potenza.

Questa domanda sta cambiando pelle: pompe di calore, piani a induzione, wallbox, climatizzazione full-electric, sistemi di accumulo domestici. Le nuove tecnologie richiedono impianti progettati, dimensionati e protetti per gestire carichi elevati e discontinui. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, l’impianto è lo stesso di vent’anni fa, magari con il solo salvavita sostituito. “Il rischio è che l’utente aumenti la potenza impegnata senza alcuna verifica sulla tenuta del proprio impianto”, ha osservato Ezio Galli – Presidente FME e Vicepresidente Prosiel.

I rischi sono concreti e già visibili: sovraccarichi, surriscaldamenti, corto circuiti, ma anche guasti agli apparecchi connessi, che spesso non sono coperti da garanzie in caso di impianto difettoso. In ambito industriale la cultura della sicurezza è più presente, ma anche qui emergono casi critici legati alla mancanza di manutenzione documentata e tracciata. «Molti impianti industriali sono stati modificati più volte nel tempo, ma senza aggiornamenti certificati: in caso di incidente, di chi è la responsabilità?» ha sollevato Massimiliano Cassinelli – Ingegnere e Giornalista Tecnico, Delegato Croil (Consulta Regionale Ordini Ingegneri Lombardia) e C3i (Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione), Certificatore Transizione 5.0.

In ambito civile, il quadro è ancora più fragile. “Nessuno sa chi è responsabile di un impianto vecchio, magari modificato da anni senza nessuna documentazione – ha osservato Calogero Turturici – comandante provinciale dei vigili del fuoco di Milano – eppure, l’impianto elettrico è la causa di circa un terzo degli incendi domestici”. Una delle criticità maggiori è che le norme evolvono, ma nessuno obbliga a verificare l’impianto esistente, anche quando le condizioni d’uso cambiano radicalmente.

Proposte concrete per un cambio di paradigma

Dal confronto milanese sono emerse proposte operative puntuali e realistiche. Non si chiede più un salto normativo, ma una svolta culturale, gestionale e sistemica. Diverse le misure discusse:

Manutenzione obbligatoria ogni 5 anni per gli impianti domestici, già introdotta in norma ma totalmente ignorata nella prassi quotidiana;
Sistema di “bollino sicurezza” con verifica periodica, sul modello delle caldaie, per stimolare consapevolezza e premialità assicurative;
Premi assicurativi agevolati per le abitazioni dotate di impianto certificato e manutenzione tracciata, trasformando la sicurezza in vantaggio economico;
Subordinare incentivi e detrazioni fiscali all’adeguatezza dell’impianto elettrico, in linea con quanto già avviene in ambito industriale;
Censimento nazionale degli impianti, almeno nelle parti comuni, affidato agli amministratori condominiali e sostenuto dalle associazioni di categoria.

L’obiettivo dichiarato è duplice: creare domanda di adeguamento e valorizzare il ruolo degli operatori qualificati, dalla progettazione alla manutenzione. Un mercato consapevole e regolato genera opportunità per tutta la filiera. “Non servono nuove leggi: serve dare efficacia a quelle esistenti e costruire strumenti di premialità e controllo che rendano visibile il valore della sicurezza”, ha ribadito Roberto Martino – Presidente Prosiel.

Intelligenza, resilienza e valore immobiliare

La transizione energetica non è solo una sfida tecnica, ma anche una questione di strategia economica e di sovranità tecnologica. L’introduzione massiva di dispositivi connessi e di gestione intelligente dell’energia (building automation, smart metering, IA predittiva) richiede un’infrastruttura robusta, tracciabile, interconnessa. “Oggi ogni abitazione ha tra i 4 e i 6 dispositivi connessi. Tra 5 anni saranno 50 – ha ricordato Paolo Catti, Ingegnere gestionale e co-fondatore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – e nessun impianto degli anni ’90 è pronto per reggere questo salto”.

Anche il valore immobiliare passa da qui. “Un impianto elettrico aggiornato diventerà un fattore di valorizzazione del bene, come già avviene con le classi energetiche degli elettrodomestici”, ha affermato Paolo FerrariVicepresidente FME. Il futuro passa da edifici connessi, resilienti e intelligenti, non solo efficienti. E questa trasformazione deve coinvolgere l’intero ciclo edilizio, dalla progettazione alla gestione, con ricadute importanti anche in termini di attrattività degli immobili per affitto o rivendita.

L’esempio cinese, citato da Giorgio Belussi – Responsabile certificazione, IMQ – è eloquente: architetture di rete gestite da piattaforme smart fino al singolo contatore, capaci di rilevare sovraccarichi e disconnessioni in tempo reale. «Non è fantascienza: è già realtà in molte città da 10 milioni di abitanti. L’Europa ci arriverà con qualche ritardo, ma ci arriverà. E noi dobbiamo essere pronti».

Un’occasione da non perdere

Il messaggio emerso a Milano è chiaro: non si può più rinviare un intervento coordinato e sistemico sull’infrastruttura elettrica nazionale. L’Italia ha perso l’occasione del Superbonus, dove si è investito sull’involucro trascurando gli impianti interni. Oggi la sfida è recuperare terreno, ma servono visione, coesione e strumenti concreti. La filiera elettrica italiana – composta da produttori, distributori, installatori, progettisti, enti tecnici – ha le competenze per guidare questa trasformazione. Ma ha bisogno di regole stabili, incentivi strutturali e una nuova cultura dell’impiantistica, capace di parlare al cittadino, al decisore pubblico, all’intero comparto edilizio. “Gli impianti non sono più un dettaglio: sono l’ossatura del sistema Paese”, ha chiuso Gallera – Presidente Commissione Speciale PNRR – Regione Lombardia. “E se vogliamo davvero parlare di transizione, dobbiamo partire da lì”.

Serve un’infrastruttura digitale per abilitare l’efficienza

Nel corso della Tavola Rotonda “La salute degli impianti elettrici in Italia”, Paolo Ferrari – Vicepresidente della Federazione e AD di Comoli Ferrari – ha posto l’attenzione sulla necessità di un approccio più maturo e strutturato alla transizione energetica ed ecologica, con particolare riferimento all’efficienza degli edifici e all’evoluzione digitale del comparto. “Non può esserci efficientamento senza digitalizzazione, senza misura, senza controllo, senza governo”, ha dichiarato Ferrari, evidenziando come oggi serva una vera infrastruttura digitale a supporto dell’efficienza. Secondo Ferrari, l’Italia tende a muoversi solo sotto la spinta degli incentivi economici, privilegiando l’acquisto di prodotti rispetto alla costruzione di un modello virtuoso e consapevole.

“Gli incentivi spingono sul prodotto, ma forse sarebbe più opportuno approcciare la questione in modo più olistico, con una visione sistemica che parta dalla cultura e arrivi alla gestione dell’intero processo.” In questo senso, l’esperienza del Superbonus 110% viene indicata come un’occasione mancata: “Siamo andati a fare i cappotti alle case, ma non abbiamo inciso minimamente dal punto di vista dell’efficienza reale e della qualità della vita. Abbiamo perso l’occasione di cambiare il comportamento degli utenti.”

L’infrastruttura digitale è il nodo cruciale su cui intervenire con urgenza, a fronte della crescente diffusione di dispositivi connessi e intelligenti. “Secondo l’Osservatorio del Politecnico, oggi in Italia ci sono tra i 4 e i 6 dispositivi connessi per utente. Tra cinque anni si ipotizzano oltre 50 dispositivi per ciascuno. Siamo già in difficoltà ora: figuriamoci domani, senza reti adeguate.”

Infine, l’intervento ha messo in luce la necessità di regole certe e durature, capaci di sostenere chi opera in modo corretto e conforme: “Servono norme lineari, semplici, chiare e stabili nel tempo. Non possiamo permetterci un sistema che penalizza chi rispetta le regole e favorisce chi improvvisa.”